Fabio Volo scrive libri. Due ragazzi, Stefano Mendicino e Michele Mastroianni, sviluppano un’app che raccoglie le sue frasi più accattivanti. Mondadori intima ai ragazzi di rimuovere l’app per presunta violazione di copyright.
Sebbene il sillogismo funzioni, nel suo svolgimento il ragionamento genera un fastidioso cigolìo: c’è una qualche frizione nell’intero processo che costringe ad una riflessione, qualcosa che i due ragazzi portano avanti con una lettera aperta a Fabio Volo nella quale delineano l’intera vicenda sotto un diverso punto di vista, chiedendo di badare più alla ragionevolezza che alla legge.
Partendo dal presupposto che dal punto di vista legale tu e la Mondadori avete perfettamente ragione, proviamo a quantificare questa proprietà intellettuale per verificare se valga davvero la pena investire risorse per bloccare questo genere di iniziative o sarebbe meglio concentrarsi su quali stategie adottare per stare al passo con il web e i social media in genere: tu hai scritto 6 libri di 200 pagine (mediamente), se consideri che ogni pagina contiene circa 35 righe e che una frase della nostra applicazione è lunga più o meno un rigo di uno dei tuoi libri, è facile calcolare che avremmo potuto attingere a circa 35x200x6 = 42.000 frasi! L’applicazione incriminata conteneva (l’abbiamo rimossa) circa 150 frasi, quindi sarebbe come dire che sei stato “violato” allo 0,35% (150/42.000). In Italia è legale fotocopiare fino al 15% di un libro, tu stesso utilizzi nei tuoi citazioni di altri autori e la maggior parte di quelle frasi incriminate si trova liberamente sul web. Era proprio necessario scomodare grossi uffici legali?
Update
Ecco perché ha ragione Mondadori: il parere dell’avv. Francesco Paolo Micozzi.
Nessun teorema che tenta una impossibile arrampicata sui vetri, insomma: la legge parla chiaro. Tuttavia, la quantificazione della violazione potrebbe rendere il tutto meno lineare, e la lettera aperta a Fabio Volo sembra puntare proprio alla ragionevolezza dell’autore per ammorbidire la posizione della casa editrice. Del resto, spiegano ancora i ragazzi, l’app potrebbe essere più che altro una promozione dei libri da cui le frasi sono estrapolate, poiché rappresenta una vetrina per i fans ed il danno procurato è agli effetti del tutto minimo ed intangibile:
La cosa triste della vicenda è il fatto che non riusciate a capire che questo tipo di iniziative “social” alla fine fanno marketing spontaneo. Forse proprio questa ignoranza e completa non comprensione di quello che avviene online, di cosa sia il viral marketing, di cosa siano i social network ha portato l’editoria italiana a imporre per legge agli store online (ad esempio Amazon) uno sconto massimo del 15% sul prezzo di listino dei libri per sopravvivere.
Tu e i tuoi collaboratori sapete perfettamente quanto sia importante estrapolare una bella frase da un libro per incentivarne le vendite (visto che la quarta di copertina dei tuoi libri riporta in genere proprio una frase..) quindi forse le frasi condivise attraverso i social network usando la nostra applicazione qualche libro in più ve lo hanno fatto vendere.
La lettera di Stefano e Michele ha toni amari: antepone (probabilmente anche in modo superficiale) la dinamicità imprenditoriale dei giovani al potere legale dei vecchi/grossi/potenti, disponendo così la situazione su una base diversa da quella legale (sulla quale è già stata levata bandiera bianca).
La ragionevolezza dice che la violazione sia effettivamente minima, e che si sarebbe potuto forse soprassedere. La ragionevolezza dice altresì che prima di pubblicare un’app di questo tipo si sarebbe potuta contattare Mondadori per avere delucidazioni su diritti e licenze. La ragionevolezza dice ancora che Mondadori avrebbe potuto evitare il bailamme di queste ore gestendo la situazione in modo diverso senza portare alla cancellazione dell’app.
Ma legge e ragionevolezza non sempre vanno d’accordo, ed in questi casi è la prima a far fede.
Quindi caro Fabio, tu che ci davi la sveglia ogni giorno con il tuo volo del mattino cerca di svegliare anche te e le persone che ti circondano/consigliano/aiutano, perché non è così che si diventa grandi e ci si fa ricordare. Così si diventa solo piccoli e ridicoli, anche se in cuor vostro vi sentite forti e potenti!
Anche le formiche, nel loro piccolo…
Una volta acclarata la situazione e spianata la strada a Mondadori per la vittoria finale nel caso specifico, occorre rendere ai due ragazzi protagonisti della vicenda anche una possibilità. Che sgorga da un ragionamento ulteriore. E che trae ispirazione da una situazione più generale.
Se la legge sembra stare in questo caso dalla parte della Mondadori, la cui gestione sulle frasi di Fabio Volo impone controllo e rigore sugli usi che ne vengono fatti, un caso differente impone infatti un dubbio: cosa ne è degli aforismi? Fino a che punto si può considerare violata una proprietà intellettuale e fino a che punto è possibile fruire di frasi altrui senza nuocere al detentore del diritto?
Si torni indietro alla famosa saga “Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano”: una collezione di libercoli, ed. Baldini&Castoldi, fatta di citazioni ironiche e sagaci raccolte da Gino e Michele. In quel caso gli autori erano vari, ma il numero degli aformismi era altissimo così come il numero degli autori coinvolti. Difficile pensare che esistessero autorizzazioni specifiche per ognuna delle frasi utilizzate (alcune ascoltate in tv, altre tratte da piece teatrali, altre ancora da libri o canzoni).
Alla luce di quanto pubblicato allora, peraltro con grande successo: dove sta il confine tra legge e ragionevolezza? Dove va posizionata la linea rossa tra violazione ed esaltazione del copyright? Cosa differenzia Gino e Michele da Stefano e Michele? Rispondere a questi interrogativi non servirà a cambiare la situazione circa l’app delle frasi di Fabio Volo (la ragione è già stata attribuita alla controparte dagli stessi sviluppatori, occorre ora passare oltre), ma aiuterebbe quantomeno a fare chiarezza evitando ulteriori frizioni in futuro. Facilitando così il compito sia di chi intende difendere i propri diritti, sia di chi intende investire in applicazioni senza dover giocoforza affossare la propria idea sotto il peso delle licenze.