Microsoft denuncia, Motorola controdenuncia. La più ovvia delle risposte è arrivata in queste ore con il gruppo di produzione di device per la mobilità pronto a portare in tribunale la controparte contestando 16 brevetti che tirano in ballo l’intera gamma dei servizi di Redmond. Il contesto in questi casi è sempre il medesimo: le violazioni di brevetto sono spesso reciproche e dopo il batti e ribatti si giunge ad un accordo che monetizza e quantifica la differenza nei valori messi in campo.
Microsoft ha dapprima tirato in ballo Android contestando a Motorola la violazione dei brevetti violati dal sistema operativo di Redmond; una seconda denuncia è giunta nella giornata di ieri sulla base del prezzo (considerato iniquo) imposto da Motorola per alcune delle proprie tecnologie brevettate. La risposta si estende ora su 16 brevetti che, spiega l’accusa, coinvolgono software e servizi quali il sistema operativo Windows, la codifica video, tecnologie proprie di Exchange, Messenger ed Outlook, il sistema Windows Live, l’area Xbox ed altro ancora.
«Sfortunatamente Microsoft ha scelto il percorso litigioso invece di entrare in una negoziazione»: Motorola spiega che avrebbe gradito un’apertura allo scambio di licenze, ma contesta a Microsoft la volontà di proseguire con ostilità i rapporti tra le parti. L’accusa spiega pertanto di dover difendere la proprietà intellettuale accumulata in anni di ricerca e sviluppo e di voler pertanto rispondere a Microsoft restituendo la stessa moneta.
Nel documento ufficiale rilasciato è chiaro come Motorola tiri in ballo, nel mucchio, anche i medesimi brevetti che Microsoft aveva contestato solo poche ore prima. In questo limitato contesto la chiave processuale è chiara: Microsoft intende pagare il dovuto in proporzione a quello che è il valore di mercato dei chip, mentre Motorola chiede di avere una parte proporzionale al prezzo finale del prodotto complessivo. Tali brevetti non sono pertanto in discussione, mentre è in discussione il prezzo delle relative licenze.