Chi ha il controllo, e la proprietà, dei dati che producono le vetture di proprietà? La domanda non è banale ed a partire da oggi è posta in primo piano anche sul sito ACI grazie al patrocinio diretto dell’iniziativa “My car, my data“. Il problema, che oggi si pone in termini quasi filosofici e di principio, sarà invece cruciale con l’evolversi della mobilità: auto sempre più connesse, dotate di sistemi sempre più intelligenti, e sempre più integrate in un concetto di mobilità destinato ad evolversi rapidamente, vedono le auto diventare strumenti di un meccanismo che sui dati costruisce la propria intelligenza e la propria efficienza. Tuttavia i dati stessi potrebbero avere significato e importanza differenti: una dimensione anonima ha infatti una valenza sociale, mentre una dimensione non in grado di tutelare la privacy avrebbe valore (e pericolosità) strettamente individuali.
My Car, my data
Il primo monito, se non altro in termini di importanza, giunge da Martin Schulz, Presidente del Parlamento Europeo:
Gli Stati Membri devono garantire la riservatezza dei dati. La Commissione dovrebbe sostenere lo sviluppo di una infrastruttura di comunicazione interoperabile e intelligente, e continuare il lavoro sulla standardizzazione garantendo la neutralità tecnologica, al fine di incoraggiare le innovazioni in questo settore.
“My car, my data” pone la questione di principio sul tavolo e pretende risposte: «l’ACI e la FIA vogliono che tu sia davvero proprietario dei dati prodotti dal tuo veicolo e promuovono il principio del “consenso informato” per l’accesso ai dati sui comportamenti di guida. È per questo che è nata la campagna My Car My Data: tu, e solo tu, puoi decidere se condividere i tuoi dati e con chi, e mantenere così la libertà di scegliere i servizi di cui hai bisogno per i tuoi viaggi». Firmeremo un documento per la cessione dei dati personali anche in relazione ai comportamenti di guida? La risultante di questa battaglia potrebbe essere proprio in un passaggio burocratico e, almeno sarebbe auspicabile, in una maturazione culturale circa la consapevolezza del fatto che i dati prodotti vengono in qualche modo archiviati, utilizzati e ricondotti ad una dimensione sociale. Potenzialmente, diventano anche mercato.
L’ACI chiede trasparenza, poiché ad oggi l’opt-out non sembra garantire alcunché:
Quando compri un’auto connessa, il più delle volte ti viene chiesto di firmare un contratto che include la possibilità per il costruttore di accedere ai dati del tuo veicolo. Questo spesso ti permette di usufruire di servizi utili, come ad esempio il sistema di geo-localizzazione via GPS, e una serie di servizi supplementari. Attualmente puoi solo scegliere se inviare i tuoi dati alla casa costruttrice o annullare completamente le sottoscrizioni, ma non è chiaro se l’annullamento interrompe anche l’invio dei dati dal tuo veicolo. Contrariamente a quanto accade con il tuo cellulare, non vieni informato quando i dati vengono raccolti e inviati.
Uno dei rischi sottolineati in questo grido di allarme v’è la possibilità che le case costruttrici possano gestire i dati accumulati in regime di monopolio, obbligando servizi terzi a pagare per potervi accedere e scaricando infine costi e mancati benefici sull’utente finale. Non soltanto una questione di privacy, insomma, ma la necessità di stabilire fin da subito i giusti standard sui quali erigere il nuovo mercato: se i costruttori controllano i dati, ad esempio, potrebbero controllare anche un eventuale app store, le regole di accesso e i prezzi finali. Stabilire oggi regole eque, improntate a trasparenza e apertura, significherebbe pertanto costruire le basi per un mercato migliore domani.