Qualche giorno fa, martedì 26 giugno, Napster ha compiuto l’ennesimo, decisivo passo della sua lunga marcia verso la “normalizzazione”. La società fondata da Shawn Fanning ha infatti siglato uno storico accordo con la londinese AIM (Association of Indepedent Music) e con la belga Impala, i due gruppi che raccolgono ben 150 case discografiche indipendenti del vecchio continente, consolidando il proprio archivio di file “legali” peraltro già ricco di centinaia di migliaia di tracce musicali.
A quanto sembra, si tratta di un affare che ha messo in moto diversi milioni di dollari e che rende in un certo senso irreversibile il “nuovo corso” della società statunitense, che in tempi relativamente molto brevi è riuscita a trasformarsi da sistema di file sharing un po’ anarchico e anticopyright a sito di vendita online perfettamente integrato nel sistema di regole e profitti che domina il mercato.
Non che questa sia una novità. Nemmeno un mese fa, infatti, Napster aveva già siglato un “licence agreement” con BMG (Bartelsmann Music Goup), EMI e Realnetworks per utilizzare il loro circuito musicale. L’accordo europeo non fa che proseguire nello stesso solco, semmai ampliandolo e rendendolo più solido. Del resto era poco meno che una scelta obbligata: rifiutandosi di imboccarla, Napster si sarebbe autocondannato alla chiusura. Non meraviglia nemmeno la grande disponibilità delle Majors a trasformarsi da un giorno all’altro in “amorevoli” alleate del mostro Napster, dopo essere state per mesi le sue più accanite accusatrici. In gioco, infatti, ci sono profitti presumibilmente assai elevati e l’accaparramento di un mercato appena nascente ma molto, molto ricco di promesse.
Le ragioni che hanno spinto i giganti dell’industria discografica a stringere un patto di ferro con il loro ex nemico numero 1 sono parecchie, e vanno dalla opportunità di velocizzare il suo passaggio dall’illegalità alla più stretta legalità, limitando al minimo danni e perdite, alla possibilità di accedere ai sistemi di filtraggio sperimentati in questi mesi dall’ex “pirata di San Mateo”, anche se il motivo principale è sicuramente uno soltanto: raggiungere in un solo colpo tutti gli svariati milioni di sottoscrittori messi insieme da Napster nei trascorsi due anni di euforica anarchia.
In ogni caso nemmeno adesso i guai di Shawn Fanning e della sua camaleontica società sembrano finiti. L’accordo europeo è infatti arrivato all’indomani della decisione della corte federale di rigettare la richiesta di Napster di annullare l’ingiunzione del marzo scorso, che obbligava la società ad apporre dei filtri in grado di far rispettare il copyright. Si tratta di una decisione ormai praticamente inappellabile (salvo improbabili ricorsi alla Corte Suprema), che può essere facilmente riassunta nel secco giudizio espresso dal giudice Patel: “Se Napster non riesce efficacemente a filtrare le canzoni coperte da copyright deve chiudere.”