E così siamo davvero all’epilogo. Napster, che fino a non molto tempo fa poteva contare su una schiera di circa 60 milioni di ammiratori intenti a scaricare files musicali gratuiti dai suoi servers centrali, e che era stato costretto a cessare le proprie attività nel luglio 2001, dopo che le major, e cioè i colossi della discografia internazionale, avevano ottenuto dalla Corte federale una sentenza che riconosceva la violazione dei diritti d’autore, non potrà sopravvivere.
La decisione della corte è stata motivata dal possibile conflitto d’interessi esistente tra l’amministratore delegato di Napster,
Konrad Hilbers, che è appunto un ex manager di Bertelsmann, la nota società tedesca che aveva tentato di acquisire i resti di Napster. Lo stesso Hilbers molto laconicamente ha affermato che la decisione della corte costringerà di fatto Napster a convertire i propri sforzi di riorganizzazione nella liquidazione. “Il risultato dell’opposizione delle case discografiche e dei cantautori sarà che i creditori di Napster non potranno essere pagati”. Napster dunque verrà ammessa alla procedura prevista dal Capitolo 7, in base alla quale l’impresa senza più entrate economiche e nessuna altra azienda intenzionata a rilevarla, verrà gestita da un curatore fallimentare designato dalla corte per liquidare gli asset della compagnia e soddisfare i suoi creditori. L’ammissione al Capitolo 11, chiesta tre mesi fa, (procedura di riorganizzazione), era rimasta l’unica possibilità di sopravvivenza per Napster.
Molti impiegati di Napster avevano sperato che l’accordo andasse in porto e che la società di Redwood-City sarebbe sopravvissuta. “Sono piuttosto
sorpresa” ha affermato Keith Melmon una delle programmatrici. “E’ una vera vergogna, avevo speso tante energie per realizzare la nuova interfaccia utente, avrebbe sicuramente colpito tutti. Invece ora non la vedrà nessuno.” Keith aveva con sé i pochi oggetti personali portati mestamente via dal proprio ufficio, alla presenza di una guardia giurata che aveva il compito di vigilare che gli impiegati licenziati non si portassero via i beni della società ovviamente posti sotto sequestro. In un comunicato di martedì il portavoce di Bertelsmann Gerd Koslowski ha affermato: “accettiamo la decisione della corte che la vendita degli assets di Napster a Bertelsmann non avrà luogo e che quindi tutto il processo di acquisto non andrà avanti”.
Phil Leigh, uno stimato analista di Raymond James & Associates che ha seguito la saga di Napster nelle aule di Tribunale, ritiene che gli assets in rovina della compagnia potrebbero ancora avere un valore se le case discografiche si “addolcissero” e consentissero l’accesso ai loro cataloghi musicali. Senza tale accesso, Napster è morto e il suo valore sarebbe sempre in discussione. “Sarebbe come avere un motore jet senza le ali. L’aereo non potrebbe volare”, ha affermato Leigh.
Bertelsmann aveva cercato di acquistare i resti del defunto Network di Napster proponendo altri 8 milioni di dollari dopo aver bruciato nell’impresa di salvare la compagnia già 85 milioni. Ora anche Bertelsmann diventerà niente altro che un creditore, considerando il fatto che difficilmente qualcun altro si presenterà per raccogliere le spoglie del mitico Napster. Indubbiamente A&M Records, Geffen Records, Interscope Records e le altre case discografiche che si sono opposte all’acquisizione da parte di Bertelsmann, hanno ottenuto ciò che volevano e cioè una condanna esemplare, un monito verso chiunque avesse in mente di riprendere l’attività intrapresa dagli ideatori di Napster nel 1999. Quindi sono avvertiti Morpheus, KaZaA e Gnutella, che offrono un servizio di file-sharing abbastanza simile a quello di Napster, e che ancora godono di buona salute consentendo lo scambio di tantissimi files multimediali.