Sono passati pochi mesi dall’aprile 2019, periodo in cui è stata diffusa per la prima volta nella storia l’immagine di un buco nero, frutto della collaborazione internazionale Event Horizon Telescope. Si tratta di un enorme buco nero supermassiccio con una massa di 6,5 miliardi di soli, situato nella galassia M87 a 60 milioni di anni luce dalla Terra.
Per comporre l’immagine sono stati utilizzati potenti radiotelescopi in tutto il mondo, che sono stati in grado di raccogliere diecimila Terabyte di dati. L’immagine che ne è risultata è però un po’ sfocata, ma è comunque un risultato incredibile e mai visto prima nella storia dell’uomo. Ottenere risultati migliori significa aspettare anche strumentazioni più avanzate, per questo la NASA ha realizzato una spettacolare animazione sotto forma di GIF che mostra come dovrebbe essere potenzialmente un buco nero.
I colori dell’animazione ricordano in tutto e per tutto quelli dell’immagine diventata ormai storica. La dinamica del funzionamento è la stessa determinata dall’astrofisico francese Jean-Pierre Luminet quaranta anni fa, ottenuta da un “preistorico” computer IBM 7040. Nell’immagine si vede una sfera nera al centro, cioè il buco nero. Quello che vi è intorno è un cosiddetto anello fotonico, poi c’è il disco di accrescimento. Il confine di queste aree corrisponde a un luogo dove l’attrazione gravitazionale è così potente da piegare lo spazio-tempo. Questa forza impedisce a qualsiasi particella elettromagnetica di sfuggire, tra cui ci sono le onde radio, la stessa luce e i raggi X.
Ne risulta che tutta la componente che “luccica” è proprio quella che il buco nero divora, dato che viene risucchiata dalla attrazione gravitazionale. I gas più vicini viaggiano quasi alla velocità della luce e quindi il materiale viene “acceso” e genera radiazioni che possono essere captate con gli strumenti dalla Terra. Inoltre l’anello fotonico che si trova intorno al buco si costituisce da anelli di luce che man mano diventano sempre più deboli. Simulazioni del genere permettono agli scienziati della NASA di visualizzare i riferimenti di Einstein, quando affermò che la gravità deforma il tessuto dello spazio e del tempo.