Coloro i quali nel giorno d’esordio di Facebook in borsa tentarono di accedere alle azioni del gruppo di Mark Zuckerberg, oggi potranno in molti casi accedere ad un rimborso garantito dal Nasdaq. La lieta novella giunge a parziale rimborso del danno compiuto quando, nel maggio del 2012, il social network è sbarcato ufficialmente a Wall Street. I misfatti di allora sfociano in accordo da 62 milioni di dollari con cui la vicenda non è comunque ancora definitivamente chiusa.
Fu un giorno di grande confusione al Nasdaq: sebbene alle ore 11 le trattative avrebbero dovuto prendere il via, in realtà le compravendite iniziarono soltanto mezzora più tardi. Per mezzora, insomma, ogni ordine è rimasto bloccato, moltiplicando così la tensione che già l’esordio si portava appresso per un’IPO destinata giocoforza a passare alla storia. Quando le contrattazioni ebbero inizio ufficiale, le azioni FB volarono a +10% per poi piombare nuovamente verso i prezzi dell’apertura. Il percorso successivo non ha più restituito smalto alle azioni del gruppo: il picco della prima ora non è più stato toccato ed oggi le azioni gravitano tra i 25 ed i 30 dollari.
Gli investitori che in quelle ore rimasero al palo a seguito di quelli che il Nasdaq spiegò come problemi tecnici, però, non fecero cadere nel nulla l’accaduto: la Security and Exchange Commission fu immediatamente tirata in ballo in cerca di giustizia e le indagini presero immediatamente il via per acclarare l’accaduto. Con il senno del poi, la stasi iniziale venne peraltro giudicata in modo ancor peggiore alla luce di strani movimenti che Morgan Stanley, Goldman Sachs e JP Morgan portavano avanti tagliando in modo inaspettato l’outlook sul social network nell’immediata vigilia della quotazione (e senza debita pubblicità dell’accaduto presso i piccoli investitori). Il danno complessivo stimato per le trattative mancate è stato in seguito quantificato in circa 500 milioni di dollari complessivi.
Robert Greifeld, alla guida del Nasdaq, fece immediatamente una dichiarazione di colpa: un incidente di percorso, un inconveniente tecnico, un semplice intoppo. La SEC ha però preteso rimborsi: di fronte alla prima proposta da 40 milioni di dollari (in parte cash, in parte in “buoni” per futuri investimenti), la SEC ha rifiutato l’accordo, accettando invece quello odierno di 62 milioni di dollari in denaro cash. La questione non è tuttavia chiusa: il rimborso non mette ancora il Nasdaq al riparo da possibili indagini ulteriori utili ad acclarare eventuali responsabilità per quanto accaduto.