L’ex commissario europeo all’agenda digitale e alla concorrenza lavorerà per Uber come consulente. La notizia non deve sorprendere per almeno due ragioni: Neelie Kroes ha sempre pubblicamente difeso l’azienda dagli attacchi della corporazione dei tassisti, e al contempo ha acquisito con la sua esperienza una profonda conoscenza delle norme che regolano i mercati europei e che, giusto o sbagliato che sia, hanno ostacolato e rallentato lo sviluppo di Uber nel vecchio continente. La nomina a consulente dunque racconta della volontà della società di Travis Kalanick di porre fine al muro contro muro.
Che Uber abbia bisogno di districarsi tra la selva di leggi, regole, direttive e disarmonie tecniche è fin troppo evidente: la sequela di stop legali ad alcuni suoi prodotti – compresa l’Italia, dove è stato chiuso UberPop – è un vero stillicidio. Non ha importanza nel commentare la notizia riprendere tutto quanto già detto a proposito della disruption di Uber, quel che conta è che, come riporta il Finanzial Times, Neelie Kroes e altri consulenti (tra i quali anche l’ex numero uno della politica nazionale della Casa Bianca, Melody Barners) aiuteranno Uber a capire l’Europa politica e amministrativa. E con la schiettezza che tutti le hanno sempre riconosciuto, steely Neelie ha già detto la sua e proposto la ricetta: basta lamentarsi e tirarsi su le maniche.
Uber ha molto da imparare, deve comunicare in modo molto diverso, deve tenere in considerazione che permangono delle differenze culturali, smetta di pensare che chiunque la voglia attaccare.
Quando al Digital Venice…
Quando Neelie Kroes partecipò, da commissario europeo, al Digital Venice, tutti notarono la simpatia per l’intervento di Benedetta Arese Lucini, all’epoca manager italiano di Uber, commentatata con una strizzatina d’occhio. La Kroes ha anche attaccato duramente la ministra belga che aveva bloccato l’attività della società, proprio nella città dove lei invece raccomandava apertura e concorrenza. Mancava poco alla scadenza del suo mandato.
Da questo punto di vista la partita è ancora tutta da giocare, ma in entrambi i campi: alcune nazioni hanno interrotto alcuni servizi Uber, ma in altri sono stati raggiunti accordi sull’impiego degli autisti non professionali, dove l’azienda californiana li riconosce come lavoratori dipendenti. Sta accadendo in Australia, Filippine e Messico, oltre che nella silicon valley. In Italia si sta lavorando, ad esempio, su una legge sulla sharing economy, la prima del suo genere, che esclude i ricavi professionali e si concentra sulle piattaforme chiedendo loro di diventare sostituti d’imposta, individuando anche una soglia di reddito con un’aliquota di vantaggio.
Tutti esempi di cambiamenti sparpagliati ai quali i di consulenti dovrà aggiungere il collante di una visione europea e coerente. Un po’ a metà tra la lobbying e il crisis management. Sicuramente un passo verso la normalizzazione, ancora lontana.