Dalla Commissione Europea giunge una moderata tirata d’orecchi per l’AGCOM italiana. Tutto verte sul modo in cui vanno calcolati i proventi per le aziende in possesso della rete di fibra: tali cifre rappresentano il costo con cui la concorrenza può accedere all’infrastruttura e configurano pertanto il punto di equilibrio concordato tra domanda ed offerta in un mercato nel quale l’incumbent deve sottostare alle regole fissate dall’autorità Garante. In altri termini, la Commissione Europea ha chiesto all’AGCOM di rifare i calcoli perchè, così come formulati, non andrebbero a fotografare l’esatta situazione determinando così un intervento scomposto nei rapporti tra Telecom Italia e la concorrenza.
La Commissione, nella persona del vicepresidente Neelie Kroes, appoggia infatti l’AGCOM a livello procedurale, ma chiede che si entri nel merito per valutare meglio come i calcoli sono stati portati a termine. Spiega la Kroes: «”È di fondamentale importanza che il prezzo fatturato dagli operatori storici delle comunicazioni degli Stati membri dell’UE ai propri concorrenti per poter accedere alle loro reti in rame sia equo. Un accesso equo rafforza la concorrenza nei servizi ai consumatori e fornisce corrette indicazioni di investimento. Invito l’AGCOM a riesaminare il calcolo dei prezzi di accesso di Telecom Italia, applicando in modo coerente il proprio modello per determinare i costi commerciali e di manutenzione».
La situazione è chiarita nel dettaglio nella comunicazione ufficiale diramata dalla Commissione Europea:
La Commissione ha reagito ai piani dell’autorità di regolamentazione miranti ad aumentare i prezzi per l’accesso disaggregato alla rete locale (LLU), per l’accesso all’ingrosso bitstream (WBA) e per l’affitto delle linee all’ingrosso (WLR). I servizi di accesso all’ingrosso permettono agli operatori concorrenti di offrire ai consumatori servizi in banda larga e di telefonia fissa in concorrenza con Telecom Italia, prendendo in affitto le reti locali dall’operatore storico (LLU) o utilizzando integralmente l’infrastruttura dello stesso operatore (WBA e WLR). Il previsto aumento dei prezzi è subordinato al soddisfacimento da parte di Telecom Italia di determinati requisiti di qualità fissati dall’autorità di regolamentazione.
Il prezzo globale all’ingrosso per il principale prodotto di accesso in Italia, ovvero la LLU, comprende i costi di rete, di manutenzione e commerciali. La Commissione approva il piano dell’AGCOM di applicare la metodologia di costo BU-LRIC (approccio bottom-up per la valutazione dei costi incrementali di lungo periodo) che riflette i costi sostenuti da un operatore efficiente che gestisce una rete in rame di nuova costruzione in un mercato competitivo. La Commissione non ha da eccepire sul modo con cui l’AGCOM ha applicato tale metodologia per stabilire i costi di rete (che rappresentano circa il 70% dei costi complessivi di accesso). Rileva tuttavia che l’approccio usato dall’AGCOM per stimare i costi commerciali e di manutenzione non appare coerente con tale metodologia, in quanto il regolatore non sembra aver utilizzato i dati di una società efficiente che gestisce una rete in rame di nuova costruzione. La Commissione invita pertanto l’AGCOM a riesaminare i dati utilizzati per stabilire i costi commerciali e di manutenzione e a rivedere il proprio approccio regolamentare – in quanto non orientato ai costi – in relazione all’accesso in banda larga all’ingrosso (WBA) e all’affitto delle linee all’ingrosso (WLR). Inoltre, per quanto riguarda i requisiti di qualità che Telecom Italia deve soddisfare prima di procedere a un aumento dei prezzi, la Commissione invita l’AGCOM a illustrare con precisione le richieste presentate a Telecom Italia in modo da garantire la certezza regolamentare a tutti gli operatori di mercato.
La prima, logica, conseguenza: si evita una valutazione che avrebbe con tutta probabilità determinato un aumento delle tariffe di mercato delle connessioni ADSL (il costo sarebbe stato con ogni probabilità scaricato sull’utenza finale per non limare ulteriormente i margini). La rivalutazione porterà ad una diminuzione dei costi imposti da Telecom ai concorrenti, dunque l’aumento delle tariffe sull’utenza finale potrebbe essere scongiurato.
Si parla di prezzo, si parla di qualità: la Commissione sembra entrare con forza sull’argomento imponendo un nuovo regime all’AGCOM e chiedendo maggiori verifiche. Ma il testo sembra per molti versi essere una sorta di strigliata al Garante italiano per le comunicazioni: «un’autorità di regolamentazione che utilizzi il modello “bottom-up per la valutazione dei costi incrementali di lungo periodo” è tenuta ad applicarlo in modo coerente per riprodurre accuratamente i costi che sarebbero addebitati se i servizi fossero forniti in modo efficiente tramite una rete in rame di nuova costruzione in un contesto competitivo». Un’autorità garante che applica con coerenza il modello, spiega la Commissione, «fornisce corrette indicazioni a tutti i potenziali investitori nell’infrastruttura di rete (operatori storici o alternativi) e contribuisce al conseguimento degli obiettivi dell’Agenda digitale per l’Europa». Un’autorità garante che non applica con coerenza il modello, invece, ottiene risultati opposti.
Tra le righe del comunicato, insomma, c’è molto contenuto.