Nel Web 2.0 si parla continuamente di semantica, di accessibilità, di standard, di validatori e di tutte quelle automazioni incuranti dei punti precedenti.
A List Apart riaffronta per l’ennesima volta il confronto tra successo di un sito e gli standard web, tramite una profonda analisi che potrebbe essere riassunta in un unico punto:
- standard non significa solo “conoscenza del tramite”, significa anche migliore potenziale del sito e risparmio di soldi
Tra gli esempi troviamo siti e applicazioni come Zen Garden e Wired News da una parte (dove si elogia la rapidità e semplicità di riadattamento) o modifica della presentazione dei contenuti e ambienti di sviluppo come Dreamweaver oppure Microsoft Expression Web.
Ethan Marcotte ci racconta il suo pensiero fatto anche di contraddizioni utili a spiegare tutti i punti più salienti della questione:
Costi di manutenzione praticamente azzerati, maggiore compatibilità per una maggiore visibilità, spese per la progettazione e competenze necessarie lievemente superiori ma per questo capaci di portare maggiore profitto…
un mondo ideale dove gli standard sono una naturale conseguenza e non un obbiettivo.
… io so già da che parte stare ma sono certo che molti di voi hanno ancora dubbi, non è forse così?