Net Neutrality: fumata nera

Per la Net Neutrality la prima fumata è nera: con 269 voti contro 152 la rappresentanza repubblicana ha respinto un emendamento che avrebbe bloccato il principio per cui le 'telco' possano creare un canale preferenziale sulla rete Internet
Net Neutrality: fumata nera
Per la Net Neutrality la prima fumata è nera: con 269 voti contro 152 la rappresentanza repubblicana ha respinto un emendamento che avrebbe bloccato il principio per cui le 'telco' possano creare un canale preferenziale sulla rete Internet

La battaglia per la Net Neutrality inizia ufficialmente oggi. Il Governo USA si è infatti espresso: chi voleva una rete equa in cui la neutralità dell’accesso fosse garantita ha subito una prima importante sconfitta. Il voto Repubblicano ha infatti prevalso e con una risultato pari a 269-152 la cosiddetta Net Neutrality è stata respinta. Il dispositivo di legge dovrà ora passare al Senato, ove si prevedono tempi lunghi ed un aspro dibattito.

Parte del gotha del web si era già mosso in anticipo. Nel tempo si sono susseguiti interventi provenienti da eBay, Amazon e Google contro la situazione venutasi effettivamente a concretizzare nella notte ed anche il senatore Lamar Smith (chi ha seguito la battaglia contro il P2P agli esordi di iTunes lo ricorda come uno dei promotori del cosiddetto Pirate Act) si è già espresso con i 152 contrari. Prossimamente è da prevedersi un forte polverone sulla vicenda con grandi gruppi ancora impegnati a difendere un principio che, se sconvolto, cambierebbe pesantemente il funzionamento della rete negli USA. Vista e considerata l’influenza degli Stati Uniti sul World Wide Web in generale, la vicenda non può che toccare da vicino tutti.

Se il Senato seguisse l’indirizzo portato avanti in prima sessione dalla “House of Representatives”, le compagnie telefoniche in primis avrebbero di che gioire. Agli effetti la rete sarebbe scomposta con due canalizzazioni, una delle quali godrebbe di migliori performance al semplice costo di un prezzo maggiorato. Ad oggi, al contrario, non v’è discriminante ed ogni sito/servizio/comunicazione ha pari diritti rispetto al resto dei pacchetti di bit in circolazione. La variazione legislativa (il cosiddetto Communications Opportunity, Promotion and Enhancement Act, COPE Act) giunge peraltro in un momento strategico in quanto vari gruppi sono ormai pronti a lanciare sul mercato l’IPTV, ovvero uno di quei servizi che troverebbero vantaggi particolari nel poter fruire di un canale preferenziale di trasmissione.

La cosa ha già fatto inorridire quanti vedono in questa presa di posizione una pesante ingerenza delle istituzioni statunitensi nella governance della rete. In particolare una community quale Savetheinternet.com (la quale ha già raccolto quasi 800 firme alla propria petizione) cita gli abusi del passato e spiega come il tutto potrebbe riflettersi sull’utenza e sulla libera concorrenza in particolare. Il timore, soprattutto, è che Internet possa rimanere vittima di lobby che, facendo leva sul proprio potenziale economico, potrebbero tarpare le ali a qualunque servizio o start-up rivale.

Il voto è giunto a seguito di un lungo dibattito, il che lascia trasparire la tensione del momento. Secondo Ed Markey, firmatario di uno degli emendamenti pro-Net Neutrality, i futuri Marc Andreessen o i futuri Sergey Brin (nomi usati per indicare chi apporta forti innovazioni sul mercato) rimarranno pesantemente sfavoriti: il voto cambierà «Internet per il resto dell’eternità» (fonte CNet).

La controparte, ovviamente, difende le proprie ragioni spiegando come ora sarà possibile gestire il traffico sulle instrasfrutture. La conseguenza sarebbe dunque un miglioramento delle performance di rete a vantaggio di tutti. Al Senato, però, le opinioni sembrano essere difformi e la tendenza potrebbe spingere a rivedere il dispositivo di legge. L’unica cosa certa è che il braccio di ferro inizia solo oggi, dopo un 269-152 che tenta negli USA di cambiare Internet per come la si è conosciuta fino ad oggi

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