Tutti vogliono la Net Neutrality. Almeno a parole, tutti sono schierati dalla stessa parte: la rete deve rimanere aperta e disponibile per tutti, libera e fluida, risorsa di incredibile valore a cui chiunque deve poter attingere a piene mani. Il punto non è pertanto oggetto di trattativa o interpretazione: la Net Neutrality è un principio base imprescindibile. Al tempo stesso, però, parole e interpretazioni vengono ad avere un ruolo fondamentale nel momento in cui viene a mancare un altro parametro alla base di tutto il dibattito relativo alla Net Neutrality: i principi di apertura e democrazia sono facili da rispettare quando le risorse sono abbondanti, mentre tutto viene rimesso in discussione nel momento stesso in cui ci si accorge che la risorsa è limitata, che non se ne dispone per tutti e che occorre pertanto fissare qualche paletto.
Netflix è il punto sul quale, inevitabilmente, va a esplodere la polemica. Il gruppo, infatti, benché si schieri strenuamente dalla parte della Net Neutrality, di fatto ha violato tale principio acconsentendo a pagare i provider che forniscono connettività ai server del gruppo. A favore della Net Neutrality si schiera anche Comcast, controparte nella trattativa con Netflix, il quale a sua volta ha incassato quanto versato dal servizio. Entrambe le parti hanno aderito a una trattativa, insomma, che monetizza ciò che secondo la Net Neutrality non è per principio monetizzabile: la priorità di accesso alla rete non è diritto acquistabile, poiché diritto riconosciuto.
Qualcosa sembra insomma essersi inceppato ed occorre ripartire quindi dalle basi e da una più approfondita conoscenza del problema, poiché è in ballo il futuro stesso della rete per come la si è conosciuta, sperimentata e vissuta fino a oggi: cosa è la Net Neutrality? Fino a che punto un compromesso è accettabile? Da quale confine in poi il compromesso è negazione della Net Neutrality stessa? Chi ha diritto di imporre una negoziazione sulla priorità di accesso alle “autostrade digitali” (metafora caduta in disuso, ma che su questo tema potrebbe trovare un rilancio)?
Questione di Net Neutrality
La neutralità della rete (nota anche con i termini inglesi network neutrality, net neutrality, internet neutrality o NN), è un principio giuridico, riferito alle reti residenziali a banda larga che forniscono accesso a Internet, servizi telefonici e trasmissioni televisive.
La definizione esatta varia, ma viene ritenuta “neutrale”, dalla maggior parte dei sostenitori di questo principio, una rete a banda larga che sia priva di restrizioni arbitrarie sui dispositivi connessi e sul modo in cui essi operano, cioè dal punto di vista della fruizione dei vari servizi e contenuti di rete da parte dell’utente finale.
La definizione è quella di Wikipedia ed è importante notare come la pagina stessa sull’enciclopedia stessa spenda la maggior parte dello spazio dedicato al tema per trattare proprio la questione delle definizioni. Il problema è proprio nella “neutralità”: se si vuole definire una neutralità, infatti, occorre anzitutto definirla a partire da un qualche altro elemento di cui la neutralità vive di luce riflessa. Occorre dunque capire quale sia il contesto da equilibrare, quali siano le deviazioni da cui fuggire tramite la neutralità. In linea di massima l’idea è quella per cui la “neutralità” sia l’oggettivo distacco delle regole della rete dai contenuti ivi veicolati. Ogni singolo pacchetto di dati, insomma, va estraniato dal contenuto che porta in dote e deve avere medesimo diritto di ciascun altro pacchetto nel varcare la soglia degli ISP e nel viaggiare sulle direttrici del Web.
Quel che chiede Netflix è la possibilità di accedere alle risorse della rete senza dover pagare fee aggiuntive agli ISP per ottenere miglior servizio. Al tempo stesso gli ISP sottolineano come Netflix occupi il 30% del volume di traffico degli USA, costringendo a una differenziazione dei livelli di accesso per poter garantire realmente pari diritti a tutti. Cosa è dunque la Net Neutrality? Una democraticità utopistica, oppure una gestione più concreta delle risorse ai fini del risultato finale? Netflix ha diritto a chiedere parità di esperienza per l’utente finale anche se occupa maggior volume sui cavi di accesso alle risorse del Web? Cosa si deve intendere per democraticità di accesso e, quindi, cosa è la Net Neutrality?
Nel momento in cui la risorsa si fa scarsa, gli ISP trovano migliori argomenti a proprio favore: debbono garantire qualità di accesso a tutti i siti, a prescindere da ruolo e volume di traffico, oppure debbono garantire qualità di accesso facendo specifici distinguo? Possono i main player pretendere condizioni egualitarie pur chiedendo (e offrendo) alla rete maggiori risorse?
Il gioco delle parti rischia di inquinare quello che è un dibattito di fondamentale importanza, a cui bisognerebbe approcciarsi al netto di talune prese di posizione. Netflix, infatti, difende logicamente il proprio mercato e conta di portare avanti la chimera della Net Neutrality assoluta nel tentativo di spuntare prezzi migliori e tagliare i costi di esercizio: per questo motivo descrive gli ISP come un oligopolio che, se lasciato in stato di deregolamentazione, potrebbe imporre fee crescenti ai servizi online; per motivi opposti Comcast e simili difendono invece un concetto di Net Neutrality più concreto, basato sulla qualità finale dell’esperienza per l’utente e pertanto composto su regole che differenziano l’immissione dei dati in base alla fonte e al volume degli stessi. In tutto ciò ci sono più interessi che non principi, il che non va messo da parte nel momento in cui si guarda in prospettiva a quel che il Web vuol diventare dopo i propri primi 25 anni di vita.
L’unico punto fermo sembra insomma poter essere quello che separa in modo netto il diritto di accesso dei singoli pacchetti dal contenuto degli stessi. Il volume e la provenienza possono invece avere un ruolo differente nell’alveo della Net Neutrality e per questo motivo occorrerà capire chi possa garantire il principio al di là degli interessi di parte. La Net Neutrality va capita, studiata e reinterpretata andando oltre l’utopia: il Web è diventato grande, e quando si diventa grandi utopie e ideali rimangono sì un’impronta, ma difficilmente dettano regole.