In qualità di operatore globale, attivo in gran parte dei paesi del mondo, Netflix si trova a doversi confrontare con una grande variabilità di condizioni d’accesso alla Rete. Non tutti gli abbonati al servizio, infatti, possono approfittare di una connessione a larga banda in qualsiasi momento della giornata, tanto che cresce il divario geografico: mentre i Paesi più ricchi viaggiano a velocità sempre più incredibili, quelli emergenti potrebbero sfruttare network ancora tecnologicamente limitati. Per risolvere questo intoppo, che potrebbe rendere la fruizione dello streaming particolarmente complessa nelle zone di recente espansione, il colosso si sarebbe spinto in una serie di ottimizzazioni. E, proprio in questi giorni, ha mostrato ad alcuni giornalisti come sia possibile approfittare di un video in qualità del tutto accettabile anche solo con un flusso da 100 kilobit al secondo.
Le operazioni di ottimizzazione del catalogo Netflix proseguono ormai da diversi mesi: qualche tempo fa, infatti, la società aveva annunciato l’introduzione di nuovi sistemi di encoding intelligenti, capaci di risparmiare banda pur garantendo una visione in alta definizione. Un sistema di encoding che, anziché tenere conto di un valore medio per i contenuti, vi si adatta a seconda delle scene e della complessità visiva del prodotto. Dalle ricerche del gruppo, ad esempio, è emerso come gli show d’animazione richiedano un bitrate decisamente più ridotto rispetto ai film dai grandi effetti speciali, per ottenere comunque lo stesso livello di qualità HD. E, grazie anche all’impiego intelligente del codec VP9 di Google, è stato possibile gestire il consumo di banda in base alla complessità del video riprodotto, tanto da rendere possibile la visione di alcuni contenuti HD anche con velocità di trasmissione più tipiche dell’SD.
Ora, però, Netflix vuole fare di più. La piattaforma sta infatti lavorando affinché si possa ridurre all’osso il consumo di banda, pur mantenendo una qualità accettabile: per l’esperimento citato in apertura, infatti, è stato sufficiente un flusso da 100 kilobit al secondo per garantire una visione piacevole di “Stranger Things” sullo schermo di uno smartphone. Una vera e propria rivoluzione, ad esempio, per quelle zone del mondo dove l’accesso alla banda larga è tutt’oggi un miraggio. Non è però tutto, poiché questa tecnologia sarà a vantaggio degli abbonati di tutto il mondo, i quali potranno approfittare anche di contenuti HD o 4K riducendo comunque il loro traffico, un fatto non da poco considerato come molti provider, ancora oggi, prevedano massimali di GB mensili o dei precisi data-cap secondo i consumi.
Per raggiungere questo scopo, la società starebbe migliorando le proprie tecnologie di streaming adattivo, non solo fornendo stream principali secondo le più comuni risoluzioni, ma anche diversificando i flussi all’interno della medesima risoluzione. A oggi, di conseguenza, una serie TV di Netflix potrebbe essere disponibile in oltre una decina di codifiche, scelte automaticamente durante la riproduzione e pronte allo switch l’una con l’altra a seconda delle fluttuazioni della connessione, senza che l’utente effettivamente se ne accorga.
A questo scopo, però, è necessario che l’intero catalogo venga convertito più e più volte, ma come scegliere fra i numerosi contenuti e, soprattutto, come analizzarne le peculiarità visuali? La risposta giungerebbe dal machine learning: grazie alle esperienze visuali di centinaia di utenti, studiate da alcune università statunitensi, un algoritmo è in grado di rilevare la complessità di ogni scena, avvicinandosi più possibile all’occhio umano.