Non solo serie TV originali e lungometraggi di culto, Netflix vince anche sul fronte dei documentari. Nel corso del 2016, infatti, ben 68 milioni di abbonati hanno approfittato regolarmente di simili contenuti, con il 73% di tutti i sottoscrittori pronti a confermare di aver visto almeno un documentario nel corso dell’anno. Un grande successo per il colosso dello streaming, forte anche della sua dedizione per le inchieste: “Making a Murderer”, ad esempio, è diventato un vero e proprio caso a livello internazionale.
Quello dei documentari non è di certo un mercato semplice, almeno per le emittenti tradizionali. Spesso relegato a un ruolo minore, con la messa in onda in orari tutt’altro che di punta, questo genere tende ad attirare le attenzioni di un pubblico di nicchia, si tratti di un approfondimento naturalistico o di un’inchiesta giornalistica. Eppure, sembra che Netflix sia riuscito a rovesciare le carte in tavola, rendendo i documentari dei veri e propri cult irrinunciabili, anche grazie ai linguaggi innovativi con cui li propone al pubblico. Non è un caso, di conseguenza, che il colosso abbia ricevuto nomination sia ai Golden Globe che agli Oscar propri in questa categoria.
Lisa Nishimura, a capo della divisione documentari di Netflix, ha tentato di spiegare perché il genere trovi nello streaming un supporto vitale:
I rating televisivi esistono per conseguenza alla pubblicità, di cui siamo privi, mentre i dati del box office sono diventati così dipendenti dai risultati del venerdì sera, tanto da alterare la percezione di ciò che il pubblico davvero voglia. Il fatto che una persona non vada a vedere un documentario il venerdì sera non si può considerare come un riflesso sulla bontà del film, bensì il riflesso di come un documentario non sia forse quel che una coppia desidera vedere durante un’uscita insieme. Quello che abbiamo scoperto è come si possa elevare lo storytelling e portarlo su una piattaforma globale, per creare un momento culturale.
Secondo l’esperienza della piattaforma, i documentari hanno l’abilità di accendere un dibattito a livello internazionale, un’attenzione e una curiosità tuttavia negate dalla distribuzione tradizionale. L’esempio è proprio quello di “Making a Murderer”, la produzione incentrata sulla condanna di Steven Avery per omicidio, che non solo ha aperto una discussione sulle possibili falle del sistema giudiziario statunitense, ma ha anche portato a effetti nel reale. La revisione della pena per Brendan Dassey, considerato complice di Avery, è giunta anche e soprattutto a seguito della serie Netflix.