Neuralink: il racconto della prima persona con un chip nel cervello

Neuralink: il racconto della prima persona con un chip nel cervello

Noland Arbaugh è tetraplegico dal 2016, dopo un banale incidente in un lago. Una caduta gli è stata fatale e dal quel giorno il suo corpo ha smesso di funzionare. La sua routine è cambiata radicalmente: ha dovuto imparare a muoversi su una sedia a rotelle e a utilizzare un iPad con uno speciale pennino controllato con la bocca, chiamato “mouth stick”. E a fare completamente affidamento ai genitori per vivere.

Il 2016 è anche l’anno in cui Elon Musk ha dato vita a Neuralink, la società che si occupa di sviluppare interfacce neurali impiantabili. A gennaio di quest’anno, un traguardo storico è stato raggiunto: Noland Arbaugh è diventato il primo paziente a ricevere  il dispositivo sperimentale Telepathy dell’azienda, come parte di uno studio clinico. Questo rivoluzionario sistema, noto come interfaccia neurale (BCI), è in grado di decodificare i segnali cerebrali relativi alle intenzioni di movimento e tradurli in comandi per computer. Arbaugh può ora controllare un cursore sullo schermo del suo laptop semplicemente usando il pensiero.

NolandArbaugh

Una vita nuova

La sua vita era quindi mediata solo dal pennino, l’unico modo di interazione fisica col mondo esterno. Noland racconta che la sua routine era semplicemente passare lunghe giornate a letto, fare la doccia ogni due giorni e studiare lingue. Null’altro, anche il semplice uscire di casa era un’impresa titanica, per lui e per i suoi genitori.

Nella sua intervista a Wired US, Noland ha raccontato che casualmente ha saputo di Neuralink, col processo di selezione, dal primo contatto via mail ai test medici veri e propri è passato un mese, screening completi ma anche sedute di psicoanalisi e di memoria per avere valori di riferimento pre-impianto. E poi c’è stato l’impianto vero e proprio. Benchè molto fiducioso Noland non ha nascosto le sue paure, visto che i chirurghi stavano lavorando sulla sua unica parte ancora capace di interagire col mondo esterno. Da subito però tutto è andato bene: il giorno seguente all’intervento Elon Musk stesso comunicò la presenza di picchi neurali, segno che cervello e interfaccia stessero dialogando efficacemente. Da semplici movimenti, si è passato ad una vera mappatura della mano segno che tutto stava andando per il verso giusto.

Molti pensano che Telepathy faccia tornare a muovere gli arti. Purtroppo non è così, ma quello che fa è altrettanto rivoluzionario. Il pensiero di un’azione tramite il dispositivo passa direttamente al cursore sullo schermo eliminando praticamente del tutto l’uso del mouth stick. Wired ha chiesto a Noland se è difficile usare Telepathy, se richiede molta concentrazione, la risposta è un concentrato di speranza per quelle persone che vivono situazioni come la sua:

No, è davvero facile. Faccio multitasking costantemente quando sto giocando. Metto un audiolibro o accendo la TV e gioco contemporaneamente. Richiede pochissima forza mentale. A quello a cui penso costantemente è solo dove voglio posizionare il cursore”.

Noland non nasconde che ci sono stati momento di sconforto, come quando alcuni fili pieni di elettrodi che leggono l’attività neurale si sono staccati dopo circa tre settimana e ha cominciato a perdere il controllo del cursore. Ci sono voluti quindici giorni di attesa, ma con un “semplice” update all’interfaccia lato software Telepathy è tornato a funzionare correttamente.

Noland

Ma come è cambiata la vita di Noland dopo l’impianto? Quello che Telepathy ha fatto è stato donargli maggior indipendenza, sentirsi meno indifeso e meno un peso rispetto ai genitori e più in generale a tutti i suoi amici. L’ultima domanda posta da Wired è quello che sogna possa fare con una nuova versione 2.0 di Telepathy più potente e versatile. Noland ha risposto:

penso sarebbe davvero fantastico poter controllare un robot Tesla Optimus con il dispositivo. Potrebbe fare praticamente tutto per me e diventare il mio assistente. Mi libererebbe dal 90% delle cose per cui ho bisogno di altre persone. Inoltre, potrebbe connettersi ad altri dispositivi. Potrei collegarlo a un’auto, una Tesla sarebbe perfetta perché sono già a guida autonoma. Dovrei solo trovare un modo per entrare e impostare un indirizzo. In questo momento è un’impresa portarmi ovunque. Ci sono troppe persone, troppe cose da coordinare. Se potessi fare tutto da solo cambierebbe tutto“.

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