Bloggare è una attività equiparabile ad un lavoro? Davanti alla legge, evidentemente, si. Ne ha fatto le spese una ragazza statunitense la quale, perso il lavoro, ha perso anche l’indennità di disoccupazione a causa della propria attività di blogging. Sebbene il tutto viaggi su cifre irrisorie, si configura la possibilità o meno di ricevere un assegno che garantisce un minimo di sussistenza in attesa di un’occupazione e di uno stipendio vero e proprio.
Protagonista della vicenda tale Karin (della quale Forbes non rivela il cognome). Dopo essere stata licenziata dallo studio legale in cui operava, la ragazza si è trasferita in cerca di un luogo meno oneroso di New York ed ha cercato un nuovo impiego. Nel frattempo, però, si è trovata a fare i conti con una indennità di disoccupazione da 405 dollari a settimana e costi troppo elevanti per poter andare avanti. L’idea è stata dunque quella di affiancare la propria attività di blogging ad un piano di advertising, tale da garantire entrate minime utili comunque ad arrotondare il bilancio mensile.
Il Department of Labor di New York non ha gradito. Secondo l’analisi compiuta, infatti, in virtù di entrate da AdSense pari a 1.30 dollari al giorno (circa 40 dollari mensili), Karen risulta occupata e non può avere diritto all’assegno statale di indennità.
Il blog di Karen, STL Meal Deals, raccoglie le segnalazioni relative alle offerte che i punti di ristorazione della zona predispongono giorno per giorno. Ad oggi il blog sembra non contenere spazi promozionali, ma rimane un modulo di ricerca predisposto in partnership con Google (garante di entrate tramite AdSense). Nei fatti la ragazza si è trovata a veder ridotta l’indennità di disoccupazione del 25% in occasione del ritiro del primo assegno di Google, in virtù di una entrata che va a configurarsi come una attività lavorativa (o comunque garante di un introito). Il tutto ha inoltre mandato l’Ufficio del Lavoro in tilt in funzione dell’interpretazione necessaria per l’assegno proveniente da Google (che non configura in alcun modo un rapporto di lavoro con l’utente, ma solo un indennizzo per lo spazio prestato sul sito web di proprietà).
Il caso di Karen, semplicemente, non risulta essere regolamentato. In assenza di indicazioni l’Ufficio non ha saputo reagire prontamente e dapprima ha tagliato l’indennità della ragazza, poi ha preannunciato indagini di approfondimento per valutare l’esatto profilo dell’attività svolta e delle fonti di entrata garantite dall’attività stessa. Karen lamenta ai microfoni Forbes il malfunzionamento della macchina burocratica di fronte ad un cittadino che si è comportato con linearità dichiarando l’introito pur nel contesto di una difficile situazione finanziaria personale. Oggi l’account ammonta a 250 dollari circa, ma dal Department of Labor ancora non giunge una risposta che chiusa la vicenda.
Per facile traslazione l’interrogativo potrebbe essere spostato all’Italia, ove la redditività dei blog non è certo alta, ma ove è alto invece il tasso attuale di disoccupazione e di cassa integrazione. Le regole delineanti il diritto e la quantificazione dell’indennità sono disponibili sul sito dell’INPS, ma è facile ipotizzare una similare situazione di caos nel caso in cui un utente si presentasse a dichiarare pochi spiccioli di entrata derivanti da AdSense.