Alla fine l’hanno avuta vinta gli editori. La lunga querelle sulle rassegne stampa online di Camera e Senato si è conclusa con il comunicato congiunto dei due rami istituzionali nel quale di fatto si chiude un’epoca. Le rassegne in pdf, gratuite e giornaliere, verranno protette da password e con l’anno nuovo saranno a disposizione soltanto degli utenti previsti per questo servizio: deputati, dipendenti del Parlamento, giornalisti accreditati.
La modalità aperta di queste rassegne (qui) avevano scatenato una lunga polemica, già la scorsa primavera, quando la Rete si era divisa tra favorevoli e contrari, tra chi parlava di violazione del copyright e chi di restrizione dell’informazione al pubblico.
Una polemica che vide in campo persino il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che si impegnò pubblicamente per salvare la tradizionale rassegna online dei principali quotidiani, una fascetta virtuale degli articoli più importanti, scansionati e riprodotti in pdf non modificabile e in bianco e nero (senza pubblicità). Ma evidentemente ha vinto il punto di vista della FIEG.
Il comunicato parla chiaro:
Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati hanno raggiunto un accordo con la Federazione degli editori in ordine alle modalità di pubblicazione on line delle rassegne stampa curate dai rispettivi Uffici Stampa.
L’accordo tiene conto della “specialità” della funzione istituzionale e democratica svolta dai due rami del Parlamento, individuando una soluzione condivisa compatibile con il diritto d’autore, tema in questo momento al centro di riflessioni e iniziative in diversi Paesi d’Europa e negli Stati Uniti.
Dal prossimo anno le rassegne stampa di Camera e Senato saranno disponibili sul sito intranet per le esigenze informative dei parlamentari e di altre categorie di soggetti istituzionali a ciò autorizzate.
Tale soluzione, da una parte, tiene presente le legittime richieste degli editori, e, dall’altra, contempera queste ultime con il carattere di servizio di informazione a livello istituzionale svolto dal Senato e dalla Camera.
Ora resta da vedere come reagirà il Web. All’epoca delle prime ipotesi di chiusura, l’hastag #rassegnalibera divenne subito trend topic. Il punto di vista degli editori, però, non si può considerare del tutto sprovvisto di logica: i contenuti di questi prodotti cartacei sono protetti dal diritto di autore e sono il frutto di lavoro retribuito. Certo, gli inveterati sussidi di Stato al settore irritano l’opinione pubblica, in questo alimentando la mentalità, di per sé erronea, che l’informazione online non debba essere mai pagata.
Probabilmente moltissimi cittadini – anche professionisti dell’informazione (come Arianna Ciccone, Luca Conti, Claudio Giua, che come si nota su Twitter discutono della questione da punti di vista differenti) – non potranno più accedere a questo grande e comodo archivio, che aveva permesso di rendere quasi obsoleta l’idea degli abbonamenti per la versione cartacea in digitale tramite tablet o posta elettronica. E forse sarebbe più accettabile se fosse assicurato loro un sistema di accreditamento non troppo burocratico.
@pandemia non è altro discorso. c'è bisogno della password? ok allora la voglio anche io. Se devo pagare pago ma dovrebbero pagare tutti
— arianna ciccone (@_arianna) December 7, 2012
Questo passo sembra quindi introdurre al nuovo corso dell’informazione italiana sul web, come ha anticipato Carlo De Benedetti a proposito del paywall di Repubblica.it. La domanda, destinata a restare per il momento senza risposta, è se questo nuovo corso più restrittivo aiuterà a risolvere il problema della sostenibilità economica. C’è chi davanti a un recinto è disposto a pagare, chi prova a saltarlo e chi, semplicemente, lo aggira andando da un’altra parte.