Attenti influencer troppo consapevoli della vostra importanza: i follower non sono clienti. La Federal Trade Commission, negli Usa, ha ribadito di tenere d’occhio la pubblicità occultata in 140 caratteri, vizio non solo delle twistar ma anche di molti altri. Un fenomeno che alla commissione non piace, e neppure a Twitter che sta molto lavorando sui profili certificati, primo passo verso una responsabilizzazione del sistema.
La questione è nota: come distinguere un tweet sponsorizzato da un semplice tweet in cui qualcuno esprime la propria soddisfazione per aver guidato la sua auto nuova, mangiato in un certo ristorante, perso chili grazie a una famosa dieta, risolto i suoi problemi cambiando assicurazione?
Il Wall Street Journal, per evidenziare come ci sia in questo momento un vuoto legislativo e anche culturale ha fatto notare che la guida ufficiale della FTC sulla pubblicità online (PDF) risale al 2000. In pratica, un’altra era del web.
Per la prima volta si è invece preso in considerazione il mondo dei social e degli smartphone, perché ci si è resi conto che il social media marketing ha bisogno di una regolamentazione, almeno a livello generale, coordinandosi con i social network e confluendo in una nota che dovrebbe valere come principio universale.
Esattamente come per i banner, secondo l’aggiornamento alla guida di 13 anni fa, ogni altro tipo di inserzione pubblicitaria deve essere in bella vista, significativamente distinguibile dal resto del contenuto e preferibilmente senza hyperlink a siti che possano mettere a rischio hardware e software dell’utente.
Nell’aggiornamento c’è un capitolo specifico sugli annunci in forma di tweet. Come fosse un manuale, per rappresentare graficamente il problema viene utilizzato un account inesistente con esempi negativi e alternative positive.
Innanzitutto, la guida critica la diffusione dell’hashtag #spon come allerta sulla natura potenzialmente commerciale di un messaggio:
#spon non è abbastanza chiaro, molte persone ne ignorano il significato, in particolare i neofiti. Al contrario, si avrebbe bisogno di etichettare il messaggio con qualcosa di ovvio ed evidente.
Il suggerimento è un classico: aggiungere ad (advertising), una sintesi breve – per non rubare troppo spazio – all’inizio di un cinguettìo e che in lingua inglese capiscono tutti. E forse si potrebbe anche esportare e decidere di utilizzarla come standard, proprio come altre sigle in auge sul social network (basti pensare a FF).
Non è ancora chiaro come un’autorità garante possa pensare di controllare un tale flusso di informazioni, miliardi di tweet al giorno. In ogni caso, almeno teoricamente, la FTC (come in Italia il Garante della Concorrenza) avrebbero l’autorità di multare il proprietario dell’account.
In realtà, finora la politica è stata quella di privilegiare violazioni grandi di brand o twistar famose, perseguendoli civilmente solo dopo un primo avviso in cui si chiede l’eliminazione del tweet incriminato e si invita a leggere con più attenzione la policy del sito, senza ulteriori conseguenze.