I Mapuche si scagliano contro Microsoft: l’arrivo di una versione di Windows in lingua Mapuzugun, infatti, ha mandato su tutte le furie la piccola comunità cilena secondo cui quella di Microsoft è addirittura «pirateria intellettuale». Gli indiani Mapuche («popolo della terra») non le mandano a dire e sono ricorsi legalmente contro il gruppo di Redmond.
Aucan Huilcaman, leader della comunità Mapuche, avrebbe spiegato come l’ira nasce soprattutto dal fatto che i destinatari del software non siano stati interrogati sul progetto in corso: i Mapuche (600.000 anime circa, molte meno madrelingua Mapuzugun), insomma, avrebbero voluto essere coinvolti e sul modo di operare di Microsoft intendono ora rivalersi in sede legale. Viste le premesse, Microsoft nega una risposta immediata e lascia per ora che il processo faccia il suo corso (il Sidney Morning Herald segnala come altre versioni siano già state prodotte per altre comunità indiane senza mai incontrare la minima resistenza dalle comunità locali).
Microsoft è probabilmente finita inconsapevolmente all’interno di una battaglia culturale che va ben oltre la semplice tecnologia: linguaggio e cultura Mapuche si sentono oppressi da un passato poco generoso e da un presente rappresentato dal rapporto ostile con le autorità cilene. Le decisioni dall’alto prese da Microsoft e stato cileno, dunque, sono state interpretate come nemiche in quanto, semplicemente, prive di coinvolgimento diretto di una comunità che non intende perdere di vista la propria ultima grande risorsa: l’identità.
La diffidenza Mapuche è pienamente motivata, dunque, dalla storia. Spiega un approfondimento redatto nel contesto di Trentino Cooperazione: «il nuovo nemico che i Mapuche devono ora affrontare è la povertà e hanno solo due armi a dispisizione per poterla combattere : spirito fiero e indipendente e un grande amore per la loro terra e le tradizioni […] Nonostante la perdita della sovranità nazionale e l’annessione alla repubblica del Cile gli indigeni Mapuche non hanno in nessun modo rinunciato alla lotta per queste terre e alle loro risorse. Con l’impossibilità di recuperare le terre originarie, la sopravvivenza della cultura e del popolo stesso è continuamente minacciata».
L’arrivo del digitale (o quantomeno della cultura occidentale) sulle culture tribali non sempre in passato ha scaturito effetti totalmente positivi. I dubbi etici legati al OLPC di Negroponte hanno lo stesso profilo. Spesso il tutto è conseguenza di una valutazione superficiale che ignora l’impatto dei nuovi strumenti sulle situazioni locali senza valutare la complessa trama di relazioni che unisce inscindibilmente un popolo alla propria terra, alla propria cultura, alla propria tradizione ed alla propria storia. La colpa di Microsoft è presumibilmente in questa superficialità, che difficilmente però un tribunale cileno saprà, potrà o vorrà punire.