Nokia ha denunciato Apple per la violazione di 5 brevetti. La denuncia è stata presentata presso la Corte Distrettuale del Wisconsin puntando il dito contro due prodotti in particolare: Apple iPhone ed Apple iPad. La nuova puntata non fa che alzare ulteriormente la posta in palio, mettendo le parti una contro l’altra per l’ennesima volta sul piano legale.
I brevetti in questione, spiega Nokia, riguardano idee relative ad alcune tecnologie con le quali è possibile migliorare le performance e, al tempo stesso, salvaguardare lo spazio di ingombro dei dispositivi. «Queste innovazioni brevettate sono importanti per il successo Nokia e permettono miglioramenti di prodotto nelle performance e nel design». Si tratta di una risposta forte a Steve Jobs, da cui è anzitempo giunta una forte accusa nei confronti di Nokia con tanti di richiesta alle autorità USA affinché blocchino l’importazione dei dispositivi provenienti dall’azienda europea.
«Nel corso degli ultimi due decenni Nokia ha investito circa 40 miliardi di euro in ricerca e sviluppo ed ha costruito uno dei più ampi portfolio di brevetti del settore wireless, con oltre 11.000 brevetti». Il comunicato ufficiale non si spinge oltre, ma getta benzina sul fuoco rinvigorendo le accuse formulate in passato.
A questo punto si rende necessaria una cronistoria riassuntiva, poichè la vicenda inizia a farsi complessa. Tutto inizia con i primi 10 brevetti contestati da Nokia ad Apple. La controparte risponde nel giro di breve controdenunciando Nokia per la violazione di 13 brevetti. Nokia torna quindi alla carica con ulteriori 7 contestazioni, a cui Apple risponde con la richiesta ufficiale all’International Trade Commission statunitense per il blocco degli import.
In tutto Nokia ha contestato ad Apple la violazione di 22 brevetti contro i 13 della controparte. Non sono questi numeri insignificanti se è vero che spesso la complessità delle battaglie sui brevetti trova successiva semplificazione con l’annullamento di precedenti proprietà intellettuali o con scambi di licenze che riducono ai minimi termini gli effetti deleteri sui rispettivi mercati delle parti in causa.