Google ha annunciato nella giornata di ieri la propria proposta: “_nomap“, una desinenza proposta come uno standard utile a nascondere la propria rete WiFi agli occhi di chi mappa il territorio per migliorare i servizi di geolocalizzazione. La proposta nasce però zoppa, circondata da un senso di inutilità che si taglia con il coltello. Dietro tutto ciò, però, c’è una qualche vergogna da coprire. Ed è per questo che una foglia di fico si è resa nel tempo necessaria.
La proposta è di per sé semplice: chi non vuole partecipare a questo servizio collettivo non deve far altro che “nascondere” la propria rete aggiungendo “_NOMAP” al proprio SSID (il nome della rete). L’utente si trova pertanto nella posizione di poter/dover scegliere: partecipare o non partecipare. Quel che suona strano è però il fatto che si sia optato per una politica per cui l’adesione è lo standard, mentre la negazione è la scelta. Ed è proprio in questo piccolo dettaglio che è possibile intravedere la foglia di fico.
Google, così come altri gruppi, ha infatti iniziato il proprio lavoro di mappatura ormai da tempo. Lo ha fatto tramite le Google Car sul territorio (che hanno però salvato dati catturati dalle reti aperte senza esplicitare la cosa ed anzi nascondendo il tutto dietro un “errore” a cui pochi hanno creduto); lo ha fatto anche Apple, tramite l’archiviazione sugli smartphone delle reti incrociate sul territorio; lo ha fatto anche Microsoft, salvando dati similari per poi motivare in altro modo il proprio agire . Hanno partecipato fatto tutti, e questo per un motivo di per sé utile: arricchendo la mappatura del territorio con punti di riferimento quali le reti WiFi, viene automaticamente migliorata la geolocalizzazione dei dispositivi mobile. Il costo per chi mette a disposizione la propria rete è nullo, mentre il vantaggio di chi gode della geolocalizzazione è alto.
Quel che la foglia di fico nasconde, è il modo in cui il tutto è stato portato avanti: nel silenzio, nella paura di turbare la privacy, lavorando nell’ombra fin quando la cosa non è venuta a galla. Oggi l’adozione della politica di opt-out appare però come una cosa del tutto inutile: sono pochi coloro i quali hanno la possibilità o la capacità di mettere mano al nome della propria rete casalinga; di questi sono pochi coloro i quali hanno la voglia o l’interesse di agire. La proposta Google è dunque destinata a fare molto più clamore di quante non siano agli effetti le risultanze concrete: soltanto una piccolissima percentuale di reti verrà nascosta, ma con questa foglia di fico i gruppi attivi nella mappatura del territorio avranno salva la faccia.
Google lo ha detto fin da subito: anche altri gruppi si allineeranno alla proposta “_NOMAP”. Non è trapelato alcun nome, ma l’intento è chiaro: se si impone lo standard, la responsabilità sarà definitivamente spostata verso l’utenza. Risulta a questo punto difficile pensare che qualche autority possa sollevare dubbi perché, se l’azione è scomposta e dubbia, al tempo stesso l’utente non ricava alcun danno particolare dal fatto che qualcuno tracci le reti sul territorio: se non c’è intercettazione di dati e non c’è violazione vera, non c’è danno. Perché intervenire, quindi?
La foglia di fico del “_NOMAP” comparirà su qualche rete WiFi più per sperimentazione che non per reale necessità. La forma sarà salva. Le vergogne saranno coperte. Ma il principio che passa è quello sbagliato: l’opt-out è stato bocciato ovunque e così dovrebbe essere anche dove non sia ravvisabile alcun danno all’utente.