A cosa è servito il Choice Screen? Per adesso a poco. È questa la teoria che porta avanti il New York Times in un articolo di Kevin O’Brien nel quale un semplice raffronto dei risultati sembra evidenziare la possibile inutilità di quel “ballot screen” che l’Unione Europea ha imposto per ripristinare uno stato di equa concorrenzialità nel mercato dei browser.
Sul Choice Screen molto si è dibattuto in passato prima sul merito della proposta della Commissione UE, quindi sulle modalità di messa in opera del tool, infine sulle possibili conseguenze. A distanza di sei mesi Internet Explorer ha perso sì quote di mercato, ma il tutto sembra essere avvenuto secondo un normale trend di declino già da tempo in atto e non, quindi, attraverso una pressione specifica mandata a segno grazie alla finestra di scelta che compare durante tutte le installazioni di nuovi sistemi Windows.
Il teorema portato avanti sul NYT è del tutto esplicitato dalla semplice analisi grafica dei numeri:
Internet Explorer godeva di una penetrazione sul mercato pari al 45.32% nel marzo del 2010 (dati StatCounter), quando il Choice Screen è entrato ufficialmente in vigore. A distanza di 6 mesi la percentuale è scesa al 40.26 con una caduta del 5.06%. Nell’intero 2009 la caduta è stata di 5.5 punti percentuali, mentre nel 2008 è stata di 8 punti.
Aodhan Cullen, CEO StatCounter, nota come l’effetto del Choice Screen sia avvertibile (sia pur se non misurabile in sé), ma tale espediente non ha comunque causato alcun terremoto nel settore. Del resto la caduta di IE non è il fine principale dell’intervento della Commissione, la quale ha soltanto tentato di creare un piano paritario sul quale i maggiori browser sul mercato potessero concorrere.
Opera Software, il gruppo da cui è partita la denuncia che ha portato al Choice Screen, avrebbe beneficiato in minima parte dell’esito della querelle legale. Per contro, Google ha visto il proprio Chrome superare ormai l’11% di penetrazione: una dimostrazione del fatto che se IE è in calo, la cosa è merito più della tecnologia e dell’innovazione che non della Commissione Europea.