Facebook è la nuova frontiera della censura digitale? È quanto sostiene un nutrito gruppo di agguerrite mamme che si son viste eliminare dal social network gli scatti della poppata ai loro neonati. L’azienda di Mark Zuckerberg è irremovibile: un seno nudo rimane sempre tale, anche quando rappresenta un’operazione naturale e non sessualmente connotata come quella dell’allattamento.
La querelle affonda le sue radici nel lontano 2008, quando diverse neomamme hanno visto scomparire nel nulla alcune loro fotografie. Ai tempi, Facebook si era giustificata sottolineando come un seno nudo non possa essere mostrato in un luogo facilmente raggiungibile dai minori, per poi correggere il tiro nei mesi recenti, consentendo scatti di poppate purché mammelle e capezzoli non siano in evidente sfoggio. Una questione che rischia di assumere caratteristiche tragicomiche, considerato quanto poco universale possa essere il giudizio su una singola immagine, ma sufficiente per alimentare proteste tutt’altro che virtuali.
Nella giornata di oggi, infatti, più di 40 donne si sono riunite all’headquarter irlandese di Facebook per manifestare il loro dissenso e lo stesso accadrà invece domani in quel di Sydney, dall’altra parte del globo. Il tutto nasce dalla presa di posizione di una donna di Vancouver, Emma Kwasnica, che si definisce come una “breadfeeding activist“, una militante dell’allattamento al seno. Intervistata dal San Francisco Chronicle, Emma ha così commentato il suo ruolo da portavoce delle “mamme ribelli” di Facebook:
«Questa è discriminazione. Siamo trattate da pornografe. Le mamme che allattano, specialmente quelle con neonati, spendono molte ore del giorno con i figli attaccati al seno. Non stanno cercando di essere sessualmente esplicite, si tratta solo di una parte della loro vita quotidiana. […] Le persone condividono le loro intere giornate su Facebook: quando mangiano, come mangiano, le immagini dei loro figli che mangiano spaghetti. Noi stiamo solo mostrando di nutrire i nostri figli. […] È ovvio che Facebook abbia perso il controllo del suo network, soprattutto quando la loro policy scritta chiaramente dichiara il supporto alla condivisione di fotografie d’allattamento, senza che possano però controllare le azioni dei loro impiegati che continuano a rimuovere immagini o bloccare gli account di chi le posta. È per me esasperante.»
I portavoce di Facebook non sono voluti entrare nel vivo della querelle mediatica, affermando come – semplicemente – in un network di 800 milioni di persone degli errori di valutazione umana possano sempre capitare. Decidere quando un’immagine di allattamento sia ammissibile e quando censurabile, infatti, molto attiene alle singole sensibilità di ognuno, tranne in alcuni evidenti casi in cui vi sono stati veri e propri esempi di esibizionismo virtuale. Nella maggioranza dei circa 375 episodi contestati, comunque, pare che i seni fossero del tutto esposti, un’azione questa non consentita così come espresso dalle policy di cui sopra.
La questione genera sicuri dubbi a cui Palo Alto dovrà dare immediata risposta per evitare ulteriore sovraesposizione mediatica non gradita, al momento però non sembra esservi accordo fra i commentatori in Rete. Non sono in pochi a sottolineare come, nonostante il gesto materno, si tratti comunque di nudità non giustificabile per i social network. La motivazione della mancata connotazione sessuale non sembra essere di per sé sufficiente: anche i naturisti non vedono nella nudità alcun significato correlato al sesso, eppure le loro immagini sono severamente vietate su Facebook. Come a dire che le regole, uguali per tutti, non possono essere pensate per favorire una minoranza, seppur dolce e positiva come quella delle mamme.