Non si bara a World Of Warcraft

Una sentenza che potrebbe fare giurisprudenza stabilisce l'illegalità di software di terze parti che facilitano l'acquisizione di esperienza e quindi privilegi nel gioco Blizzard. Eppure la società non ha ottenuto una vittoria su tutti i fronti
Non si bara a World Of Warcraft
Una sentenza che potrebbe fare giurisprudenza stabilisce l'illegalità di software di terze parti che facilitano l'acquisizione di esperienza e quindi privilegi nel gioco Blizzard. Eppure la società non ha ottenuto una vittoria su tutti i fronti

Non si bara in World Of Warcraft. Lo dice la Blizzard da anni, lo proibisce con norme contrattuali e software anti-cheating e adesso arriva anche una sentenza del tribunale a stabilire l’illegalità di certe pratiche utili ad acquistare in fretta i privilegi del gioco. Almeno fino ad un certo punto.

Il capro espiatorio è stato Michael Donnelly della MDY Industries, compagnia produttrice e venditrice di WoWGlider (anche noto come MMO Glider), un software che aiuta i giocatori ad acquistare esperienza e quindi avanzare di livello con il proprio personaggio o guadagnare più oro, insomma ottenere più velocemente cose che nel normale svolgimento del gioco richiederebbero tempo e impegno e per questo sono un “valore” nel mondo da 10 milioni di utenti attivi e 1,5 miliardi di profitto di World Of Warcraft.

Per evitare simili trucchi la Blizzard utilizza sistemi come Warden per rilevare l’uso di software di terze parti e quando la società si è accorta di Glider (ottobre 2006) è andata a chiedere a Donnelly di chiudere l’attività. È stato poi il creatore di WoW Glider a rivolgersi ad un giudice chiedendogli di sentenziare la legalità del proprio prodotto. Ma a stretto giro di posta è poi seguita la replica legale della Blizzard con una citazione contro il software indicato.

Il software in questione è già stsato venduto in 100.000 copie per 25 dollari l’una (fruttando quindi 2 milioni e mezzo di dollari) fino a che la Blizzard non ha accusato i creatori di andare contro le regole del gioco e di violare il Digital Millenium Copyright Act (DMCA). Tuttavia, nonostante il giudice distrettuale David Campbell abbia sentenziato che l’uso del software effettivamente viola le regole del gioco e dunque viola il copyright Blizzard, non ha poi dato ragione alla società creatrice di WoW per quanto riguarda il DMCA.

La legge in questione infatti segue un binario parallelo rispetto alla normativa ordinaria e non è un caso straordinario il fatto che, benchè colpevoli da una parte, gli imputati possano essere ritenuti innocenti dall’altra. Nel caso specifico è stata anche chiesta dal giudice la perizia tecnica di Public Knowledge, un gruppo che si occupa proprio di questioni relative alle leggi sul diritto d’autore.

Non avendo alcuna delle parti avuto la totale ragione dal giudice, la causa non è stata chiusa ed entrambe le società meditano di tornare alla carica per ottenere una nuova sentenza in grado di chiudere definitivamente le vertenze pendenti.

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