Chi pensa che il dominio .xxx non è ancora sufficiente, potrebbe essere presto accontentato: la ICM Registry, la società con sede in Florida che gestirà il dominio di primo livello dedicato ai siti per adulti, ha fatto richiesta alla ICANN per altri tre domini: .porn, .sex e .adult. L’idea è di fornire co-domini legati alla tripla x, di modo che chi lo acquisterà potrà riservarsi anche lo stesso indirizzo seguito dalle altre estensioni.
Questo rilancio sembra un tentativo da parte della società di uscire dal guado in cui è finita a causa di molti problemi emersi sia nella lunga fase del consolidamento delle premesse per il dominio avviato (con onerosa attività di lobbying), sia dal giorno del lancio quattro mesi fa. La ICM Registry ha dovuto sostenere spese enormi, compresi i 550 mila dollari per l’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) e anche se può contare sui circa 60 dollari per ogni sito non può certo contare sull’entusiasmo degli operatori del settore: molti di questi sono contrari all’effetto “riserva indiana” e soprattutto ai numerosi controlli che la società ha dovuto promettere per ottenere l’apertura del dominio e che potrebbero introdurre elementi di censura.
Insomma, la ICM Registry non arretra, anzi rilancia all’ultimo – oggi scade il termine di presentazione delle domande – con nuove estensioni gratuite per chi sottoscrive il dominio .xxx. Funzionerà? Per la sopravvivenza di questa operazione di domini a contenuto pornografico o erotico, dovrà per forza: l’industria pornografica stava già pensando di dare vita a indirizzi alternativi a tariffe ridotte. Entro la fine del mese l’ICANN stilerà l’elenco completo della nuova sfornata di domini di primo livello (generic top level domain) e sarà una deadline: è già prevista calma piatta nei prossimi anni, a causa della lunga tempistica di approvazione e delle probabili polemiche che sorgeranno per le nuove proposte.
Resistenze poliche, legislazioni nazionali, concorrenza, spese molto alte: la ICM Registry sta sicuramente facendo una scommessa. Al momento, hanno detto sì in 215.000, ma per la sussistenza del progetto potrebbe non bastare.