Una grande mobilitazione della Rete. La prossima notte, quella del 5 luglio, l’Agcom certamente non si sentirà sola: la delibera che dovrebbe consentire all’Autorità per la Garanzia delle Comunicazioni un potere speciale sull’estinzione dei contenuti protetti da copyright ha portato alla “Notte della Rete“.
A 24 ore dalla giornata fissata per la discussione di questa norma, considerata censoria, il popolo della Rete si mobiliterà online e offline. La notte della Rete, ospitata su Agorà Digitale, permette di restare aggiornati sugli eventi e i partecipanti del sit in previsto a Roma davanti alla sede dell’agenzia.
Nella notte della rete confluiscono settimane di dibattito esploso in Rete su Facebook e Twitter, e arrivato alle grandi testate giornalistiche. Le discussioni hanno portato prima alla campagna nocensura che ha contaminato migliaia di blog, ora alla mobilitazione vera e propria, sostenuta da diversi artisti, giornalisti e intellettuali, ma anche politici, tra i quali Emma Bonino, Pippo Civati, Antonio Di Pietro, Dario Fo, Alessandro Gilioli, Beppe Giulietti, Fabio Granata, Margherita Hack, Giulia Innocenzi, Roberto Natale, Leoluca Orlando, Flavia Perina, Franca Rame, Guido Scorza, Carlo Verna, Vincenzo Vita e Vittorio Zambardino.
Ma quali sono le ragioni della Rete, perché è sul piede di guerra? E come risponde l’authority? Il problema di questa delibera è molto ben spiegata in una intervista che oggi l’avvocato Guido Scorza ha rilasciato a Linkiesta. Il tema principale non è, come si sarebbe portati a credere, la protezione dei diritti d’autore, che è sacrosanta, bensì il pericolo che certe norme facili, che non prevedono l’intervento della magistratura, possano trasformarsi in un batter d’occhio in un meccanismo di censura. Un vero e proprio golpe 2.0.
Il presidente Corrado Calabrò continua a dare rassicurazioni che spiegano come si tratta di fermare le azioni illegali più gravi e non di spegnere la naturale creatività del Web, ma la blogosfera non si fida.
Sul Fatto Quotidiano (che trasmetterà la notte bianca in streaming) sono state anche pubblicate le repliche dei commissari dell’Agcom, che ovviamente non ci stanno a passare per censori. Anche se il problema sollevato dai giornalisti è piuttosto la superficialità che l’agenzia sembra aver avuto nel recepire passivamente le indicazioni dell’industria musicale e televisiva (e del ministro Paolo Romani) senza metterci del suo.
In questo momento, ci sono molte posizioni e molto distanti. Ne riproduciamo due, fra le più approfondite, così che ognuno si faccia la sua opinione. La prima è dell’avvocato Guido Scorza, tra i primi e più indefessi critici delle tante leggi bavaglio che in Italia sono state proposte – scontrandosi sempre con le proteste dei cittadini:
“Non è un caso che questa delibera sia ritornata alla ribalta dopo i referendum. In quell’occasione si è compresa l’importanza della rete rispetto all’impero televisivo e al potere politico mediatico tradizionale. Se questo regolamento entrasse in vigore non potremmo più vedere alcuni capolavori di creatività satirica che negli ultimi anni hanno portato una ventata d’aria fresca e fatto circolare idee ed opinioni contrarie al “pensiero unico televisivo”. Mi riferisco ad esempio a “The Arcore night’s”. Nel video il sottofondo è la musica di Grease e con questa delibera potrebbe circolare appena cinque giorni, considerando che con l’alibi dell’utilizzo di una musica nota, qualcuno potrebbe chiederne la rimozione. Di fatto dovremmo dire addito a migliaia di prodotti di informazione creati da videoblogger e utenti che vogliono raccontare fatti spesso trascurati, se non censurati, dalla tv.”
L’altro parere, del tutto opposto, è quello riportato in un articolo del Riformista a firma Riccardo Tozzi, presidente dell’Anica (l’associazione dei produttori):
“Le centrali industriali globali che guidano la manovra hanno un obiettivo: eliminare il diritto d’autore. La loro finalità è chiara: aumentare i profitti a danno dei creatori delle opere […] una tipica manovra da capitalismo rampante. Lo strumento che usano è la manipolazione: affermano che la loro posizione è per la libertà della rete, e quella di chi si oppone è naturalmente contro la libertà della rete. […] Esiste un’altra funzione della piazza e della rete: il mercato. Nessuno dubita che l’acquisto di un’auto usata, via Internet, debba passare attraverso il pagamento di un prezzo […] però se si tratta di film e di musica e magari di libri e giornali allora no: non bisogna pagare. […] Per quanto questa posizione sia illogica e infondata e la conseguenza della sua affermazione sarebbe la fine della produzione di film, libri e giornali, quindi la fine della libertà, non c’è verso di fermare questa furia iconoclasta.”