L’enorme espansione che ha caratterizzato il mondo dell’elettronica di consumo negli ultimi anni ha portato con sé un problema di non poco conto: i materiali utilizzati per fabbricare PC, tablet, smartphone ed altri prodotti hanno infatti un impatto sull’ambiente decisamente negativo a causa del basso livello di riciclabilità che li caratterizza. Dall’Università di Trieste, tuttavia, potrebbe giungere presto una soluzione in grado di arginare sensibilmente il problema, grazie ad un nuovo materiale decisamente più incline ad avere il “pollice verde”.
Trattasi del diisopropylammonium bromide, materiale organico ferroelettrico dal nome decisamente complicato, noto anche come DIPAB. A scoprirlo sono stati Massimo Capone e Gianluca Giovannetti, ricercatori presso il CNR e l’Università di Trieste, i quali hanno reso noti i risultati ottenuti in una pubblicazioni accettata anche dalla celebre rivista scientifica Science. Tale materiale presenta quindi caratteristiche compatibili con quelle dei principali materiali utilizzati nel campo dell’elettronica, con l’importante vantaggio di esser facilmente smaltibile.
«Un materiale ferroelettrico ha proprietà analoghe a quelle di un magnete in un campo elettrico, un sistema nel quale i dipoli elettrici tendono ad allinearsi» ha sottolineato Capone, il quale ha evidenziato anche come la produzione di DIPAB sia decisamente più semplice di materiali quali ossido di bario oppure ossido di titanio. Questi ultimi, infatti, richiedono processi di fabbricazione lunghi e complessi, mentre «non è questo il caso del composto organico nato nei laboratori, il quale può essere prodotto semplicemente da soluzioni acquee ed ha un impatto molto basso sull’ambiente».
Trattasi insomma di un materiale che dal punto di vista tecnico offre opportunità paragonabili a quelle già disponibili ad oggi sul mercato, ma che nel frattempo permette di ridurre i costi di produzione e l’impatto sull’ambiente. Il DIPAB potrebbe dunque essere la soluzione ideale per un’elettronica sempre più verde, soprattutto considerando il fatto che il processo di produzione ad oggi è caratterizzato ancora da una serie di errori che i ricercatori intendono correggere, permettendo così la realizzazione di materiali ancora migliori.