Il caso Obama è stato così clamoroso che merita di essere seguito nei suoi molteplici aspetti. Finora lo si è visto dal punto di vista del marketing elettorale, tema che negli U.S.A. è consegnato, più che altrove, a una “manualistica” specializzata. Ora però ci si interroga su come lo staff del neopresidente riuscirà a gestire l’imponente database di oltre tre milioni di fan, collegati ai vari siti della galassia messa in piedi nei mesi scorsi.
C’è chi pensa che tale community finirà presto col disperdersi e chi, invece, ritiene che sia possibile conservarla ridefinendo le strategie di comunicazione e di marketing. Evidentemente, è una sfida completamente nuova per uno staff presidenziale.
A una settimana dal voto, il sito di Obama si apre con una richiesta di donazioni per il Democratic National Committee: questo è già un test sulla fedeltà dei friend in periodo non elettorale. Superando questa pagina si accede al sito vero e proprio, in cui resistono i toni celebrativi e le testimonianze della vittoria elettorale. È chiaro però che questi elementi lentamente dovranno lasciare il posto ad altro: a questo proposito, gli analisti parlano di un problema inedito di mantenimento del brand.
La questione è: si può mantenere a lungo il “brand Obama” nel suo posizionamento, dal momento che esso è stato costruito nel climax della campagna elettorale? Il brand Obama potrebbe essere utile per lanciare iniziative e candidati del Partito democratico in altri contesti elettorali, ma potrebbe anche indebolirsi in modo notevole in periodi di “normale amministrazione”.
In molti hanno riconosciuto che un punto forte della campagna di Obama è stata la capacità di individuare e ripensare chi poteva essere la sua audience: ebbene, ora si tratta di vedere se (come sta accadendo con l’iniziativa Barack TV) i membri democratici delle diverse comunità (spagnola, afro-americana, ecc) continueranno a comunicare (proprio in quanto democratici e in quanto appartenenti alle diverse comunità) attraverso Obama.