Opera ha spesso cercato di ritagliarsi un posticino tutto suo nel mondo del browser web, ma per via della grande concorrenza non ha mai trovato terreno fertile. Inoltre, è stato di recente accusato di comportamenti poco virtuosi: secondo quanto riportato da Hindenburg Research, Opera starebbe usando quattro app Android disponibili in India, Kenya e Nigeria (CashBean, OKash, OPay e OPesa) che sembrano violare le norme del Google Play Store. Pare infatti che violino le leggi dello store di BigG che proteggono gli utenti da descrizioni ingannevoli e usura.
Le app affermerebbero di offrire un tasso annuo effettivo globale (vale a dire il tasso di interesse in un’operazione finanziaria) del 33% o inferiore, ma in realtà la percentuale sarebbe molto più alta: pare che arrivi addirittura al 438% nel caso di OPesa. Inoltre, sebbene nelle descrizioni le app offrissero prestiti da 91 a 365 giorni, la durata reale non era superiore a 29 giorni (per OKash) e più spesso 15 giorni, ben al di sotto del minimo di 60 giorni imposto da Google.
Le condizioni sono solo peggiorate per coloro che hanno richiesto prestiti. Secondo quanto riferito, le app avrebbero scavato nei contatti telefonici degli utenti per molestare familiari, parenti e amici con chiamate e messaggi, nella speranza che ciò li spingesse a pagare (minacciandoli talvolta con un’azione legale). Secondo Hindenburg, Opera stava usando le app di prestito per sostenere in un altro modo la crescita finanziaria nonostante i bassi profitti della sua principale attività di browser. Se tutto ciò si rivelasse vero, Opera sarebbe davvero in guai grossi e potrebbe rischiare una multa piuttosto salata dopo essere passata per il tribunale.