La Commissione australiana per la concorrenza e i consumatori (ACCC) indagherà su Google circa le enormi quantità di dati dai telefoni Android che l’azienda raccoglierebbe, comprese informazioni dettagliate sulla posizione degli utenti, dopo che la società di software Oracle l’ha accusata di monitorare segretamente i dispositivi e recuperare un gigabyte di dati ogni mese.
Secondo The Australian, Oracle ha presentato un rapporto all’ACCC, che sta conducendo un’inchiesta (PDF) sulle piattaforme digitali motivata dalle preoccupazioni dei media australiani circa l’impatto che Google e Facebook starebbero avendo sul mercato pubblicitario. «Stiamo esaminando le pratiche delle piattaforme digitali tra cui Google e Facebook come parte dell’inchiesta sulle nostre piattaforme digitali», ha dichiarato l’ACCC a The Register, sottolineando anche di aver «incontrato Oracle e di star prendendo in considerazione le informazioni che ha fornito sui servizi Google», «esplorando quanto i consumatori conoscano l’uso dei dati sulla posizione e lavorando a stretto contatto con il Commissario per la privacy».
Si apprende dunque dalla presentazione Oracle che i dispositivi con cuore Android invierebbero informazioni dettagliate sulle ricerche condotte dagli utenti e su ciò che gli stessi vanno effettivamente a visualizzare, ma che potrebbero anche inviare posizioni precise su dove si trova l’utente anche se i servizi di localizzazione sono disattivati e se non hanno una scheda SIM o app installate, o ancora se la modalità aereo è attivata. Per impedire il monitoraggio bisognerebbe necessariamente spegnere il device.
Secondo il presidente dell’Australian Privacy Foundation, David Vaile, Google inizialmente lo ha fatto come parte del suo rilevamento condotto per il servizio Street View, ma ora starebbe ricevendo aggiornamenti sull’enorme quantità di dati che gli utenti di dispositivi Android invierebbero regolarmente. Oracle ha recentemente vinto una lunga disputa con Google sull’uso di Java da parte di quest’ultima in Android. E i resoconti di News Limited dicono che Oracle ha dimostrato che i dispositivi Android inviano fino a un gigabyte di dati a Google ogni mese, per facilitare il targeting degli annunci da parte degli inserzionisti. Trasferire tali informazioni a Google significa consumare gigabyte di dati che i consumatori hanno pagato in base a pacchetti di dati acquistati dai fornitori di servizi di telecomunicazione locali, secondo il rapporto Oracle.
Un GB di dati costa attualmente dai 3,60 dollari ai 4,50 dollari australiani al mese; dato che oltre 10 milioni di australiani dispongono di uno smartphone basato sul robottino verde, si legge che se Google dovesse pagare per i dati che starebbe raccogliendo dovrebbe affrontare un costo compreso fra i 445 milioni e i 580 milioni di dollari all’anno.
La compagnia californiana, di proprietà Alphabet, è dunque sotto inchiesta a seguito di tali affermazioni: rispondendo alle ultime preoccupazioni sulla privacy che circondano Google, un portavoce del motore di ricerca ha affermato che l’azienda ha il permesso degli utenti di raccogliere i loro dati:
Google si concentra completamente sulla protezione dei dati dei nostri utenti, rendendo i prodotti che amano funzionare meglio per loro. Gli utenti possono vedere quali dati vengono raccolti e come sono utilizzati in un posto facile, Il mio account, e controllare tutto da lì. Come molte delle tattiche aziendali di Oracle, questa presentazione è un gioco di prestigio, non di fatti, e dato che Oracle si propone come il più grande broker di dati al mondo, lo sa. Qualsiasi dato sulla posizione che viene inviato ai server di localizzazione di Google è reso anonimo e non è legato o tracciabile a un utente specifico.
Dopo lo scandalo Facebook e Cambridge Analytica, le indagini solleveranno così ulteriori domande sul modo in cui le grandi aziende tecnologiche raccolgono e utilizzano i dati delle persone online.