Il D.lgs. 66/2003 definisce l’orario di lavoro come “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.
Prima di questo decreto, la tematica era regolata dalla legge del 1923, la quale fissava il noto limite delle otto ore giornaliere, e delle quarantotto settimanali, con un estensione giornaliera, a titolo di straordinari, di due ore.
L’ultima normativa, invece, fissa il concetto di “orario normale” sulle quaranta ore, mentre il limite massimo è mantenuto identico a quello della vecchia legge. Il superamento delle quarantotto ore obbliga il datore di lavoro di unità produttive che occupano più di 10 dipendenti, ad informare tempestivamente la direzione provinciale del lavoro.
La particolarità del decreto più recente è la flessibilità, per effetto della quale non è specificato nemmeno un limite di ore giornaliere, purché esso sia compensato con tempi di lavoro inferiori nei periodi immediatamente successivi.
Per quanto riguarda le pause lavorative, quella del pranzo è di 45 minuti, mentre, per i lavori che eccedono le sei ore lavorative, è prevista anche una pausa di dieci minuti.
In conclusione, le normative sopra descritte, riguardano tutti i lavoratori, ad eccezione di alcune categorie specifiche, e di lavoratori il cui orario non è predeterminato, come dirigenti, personale direttivo o telelavoratori.