P2P: uniti si vince

Alcune produttrici di software di scambio file vogliono dar vita a un'associazione per far valere i propri diritti: «Peer to Peer non significa rubare»
P2P: uniti si vince
Alcune produttrici di software di scambio file vogliono dar vita a un'associazione per far valere i propri diritti: «Peer to Peer non significa rubare»

Correvano brutti tempi per i software di scambio file. Da quando Napster, il primo e principale strumento di condivisione ad aver raggiunto milioni di navigatori, fu colpito e affondato dalla giustizia USA, i giochi sembravano chiusi. Non fu così. Morto Napster, dieci, cento altri software simili nacquero in sordina.



Tutto ricominciò d’accapo: denunce, ricatti, comunicati catastrofici sulla fine dell’industria discografica. Arrivarono anche i messaggi di minaccia e lettere piccate alle Università, colpevoli di non vegliare abbastanza sulle abitudini online dei propri studenti.



Piano piano l’orizzonte dello scambio file si allargò. Con la diffusione della larga banda iniziarono ad essere scambiati non solo file MP3 (il formato di musica compressa), ma anche film, anch’essi compressi per mezzo del formato DivX. Film e musica da scaricare rappresentano oramai una delle prime industrie della rete. Un’industria, s’intende, illegale.



Alle case produttrici di musica riunite sotto la Recording Industry Association of America (RIAA) si affiancarono ben presto anche le case di produzione cinematografica organizzate nella Motion Picture Association (MPAA). Le due lobby cominciarono l’azione di lenta pressione su tutti gli attori coinvolti nella vicenda: gli utenti, i provider, i software di condivisione e il Congresso degli Stati Uniti.



Negli ultimi mesi qualcosa è cambiato. Alcune ricerche hanno dimostrato che chi scarica MP3 è il miglior consumatore di musica legale e, lo scorso aprile, un tribunale americano ha assolto le aziende produttrici dei programmi Grokster e Morpheus dall’accusa di violazione del copyright.



Qualcosa sta cambiando allora e per combattere questa partita finora a senso unico, nel senso voluto dalle case discografiche e cinematografiche, diversi produttori di software e tecnologie per lo scambio file vogliono dar vita ad un’associazione che tuteli i propri diritti di fronte al Congresso USA.



L’iniziativa, rivelata da un articolo del Washington Post, parte proprio da Grokster, uno dei più recenti sistemi di file sharing. Nei prossimi 60 giorni l’accordo dovrebbe prendere forma e dovrebbero iniziare le prime azioni di pressione sui legislatori.



Primo punto dell’agenda è convincere il pubblico che peer to peer non significa solamente violazione del copyright ma un nuovo modo per condividere risorse e informazioni: «Noi – ha dichiarato Wyne Rosso, presidente di Grokster – crediamo nelle leggi sul copyright. Non vogliamo che siano violate ma non vogliamo che i diritti dei nostri utenti siano calpestati».

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