Amabili volti, ma all’interno di un progetto che fa discutere: Lovely Faces ha infatti raccolto in quello che appare un sito di dating ben 250 mila profili ricavati da Facebook, e dunque appartenenti a persone del tutto ignare del modo in cui i loro dati saranno utilizzati in questa nuova dimensione. L’intento, spiegano gli autori, è quello di mettere in evidenza il valore della privacy nel momento in cui le informazioni vengono decontestualizzate e riutilizzate con nuove finalità, emblema questo del modo in cui un sito come un social network imponga nuove approfondite riflessioni a coloro i quali vanno a depositarvici su la propria vita, le proprie immagini, la propria quotidianità.
Le menti dietro questo progetto, il cui profilo legale andrà verificato nei prossimi giorni sulla base delle reazioni da parte di Facebook, sono italiane: Paolo Cirio e Alessandro Ludovico, infatti, hanno firmato la loro opera tentando di spiegarne il valore artistico e mettendosi a disposizione per rimuovere dal database tutti coloro i quali sentano eventualmente violentata la propria immagine in questa forzatura. Sebbene sia formalmente proibito prelevare le informazioni pubbliche su Facebook per utilizzarle con finalità proprie, in questo caso il progetto si presenta come fine a se stesso, lontano da qualsivoglia strumentalizzazione commerciale e basato su una semplice espressione artistica.
Abbiam chiesto così a Paolo Cirio il proprio punto di vista ed i propri obiettivi, così che Lovely Faces possa essere meglio compreso non per ciò che sembra, ma per ciò che vuol realmente essere:
Come si inquadra il progetto Lovely Faces nella tua dimensione artistica?
«questo progetto, come altri precedenti, dimostra quanto l’informazione sia un materiale con cui è possibile costruire inaspettate strutture, e quanto queste possano influenzare i nostri costumi e la nostra vita. Questa è arte, con il medium e con argomenti contemporanei»;
Facebook ha già fatto sapere le proprie intenzioni in merito?
«wired.com ha recentemente recensito il nostro progetto, e contattato Facebook, il quale ha asserito che sta investigando» (nda. anche Webnews ha contattato anzitempo Facebook ed è attesa di una risposta in merito);
Il progetto Lovely Faces avrà un seguito o si limita ad essere una semplice provocazione?
«il progetto è una provocazione, e un’opera d’arte, sarà sicuramente esposta in altri spazi e festival nei prossimi anni. oltrettutto con un milione di profili e immagini si possono fare tantissime cose, sarà sicuramente un ottimo materiale per la nostra creatività»
Cirio, inoltre, sottolinea come Facebook sia soltanto lo strumento utilizzato per raggiungere lo scopo, ma Facebook non è in alcun modo il soggetto a cui si vuol far riferimento: «quello che si collega alla mia ricerca artistica rimane la potenzialità dell’aggregazione di dati, e come questa attività può formare poteri prima immaginabili. La mia ricerca è nello studiare, creare, rapresentazioni di questi poteri».
Non a caso tra i vecchi progetti di Cirio è possibile notare ad esempio “Google Will Eat Itself“, un sistema di siti utilizzanti AdSense e che con il ricavato dai click intende investire in azioni della stessa Google. Così facendo il progetto GWEI vuol mettere Google nelle condizioni di fagocitare se stesso ed ancora una volta la forzatura degli elementi va ad esprimere la forza che soltanto l’uso del paradosso è in grado di porre in risalto.
Facebook e la legge vanno al di là della ricerca in atto, insomma. Qualunque sarà la decisione del social network e qualunque sia il destino di Lovely Faces, l’iniziativa avrà comunque raggiunto il proprio scopo: dimostrare il fatto che rastrellare dati e ricombinarli è qualcosa in grado di sprigionare forza. Potenza. Valore. E arte, volendo.