Papa Francesco è tornato a parlare di tecnologie e Web, puntualizzandone la natura a partire da una situazione molto particolare. Il riferimento arriva infatti all’interno della complessa Costituzione Apostolica “Voltum dei quaerere” sulla vita contemplativa femminile. Alle contemplative vengono inviate una serie di linee guida per fare in modo che ogni singolo ordine possa regolamentarsi nel solco della Chiesa, ma al tempo stesso viene offerto un riferimento generale legato al mondo dei nuovi media.
Il perché non è complesso da concepire. Media come il Web, infatti, possono superare mura e porte rendendo la contemplazione qualcosa di molto differente. Il Web cancella infatti confini tra dentro e fuori, dissimula presenza e identità, consente di fuoriuscire da certi principi senza fuoriuscire da certi luoghi. Il Web non è nemico, ma va capito e va adoperato per quel che rappresenta: l’appello di Papa Bergoglio va dunque nella direzione di una piena consapevolezza su quel che il Web può significare per quante, all’interno del proprio rispettivo ordine, porta avanti la “ricerca del volto di Dio” con al proprio fianco uno smartphone.
Queste le parole del Papa, punto 34 di un lungo elenco composto da 12 temi e 14 articoli dispositivi:
Nella nostra società la cultura digitale influisce in modo decisivo nella formazione del pensiero e nel modo di rapportarsi con il mondo e, particolarmente, con le persone. Questo clima culturale non lascia immuni le comunità contemplative. Certamente questi mezzi possono essere strumenti utili per la formazione e la comunicazione, ma vi esorto a un prudente discernimento affinché siano al servizio della formazione alla vita contemplativa e delle comunicazioni necessarie, e non occasione di dissipazione o di evasione dalla vita fraterna in comunità, né danno per la vostra vocazione, né ostacolo per la vostra vita interamente dedita alla contemplazione.
V’è anzitutto un invito all’attivismo, alla formazione del pensiero invece che al ripiegamento passivo sulla quotidianità che sfocia nell’ignavia; al tempo stesso, si invita ad adoperare lo strumento per quel che lo strumento può servire, senza lasciare che plasmi i fini per cui la contemplazione avviene. Il device di accesso, insomma, non sia «occasione di dissipazione o di evasione dalla vita fraterna»: non sia distrazione, non sia deviazione. Quel che si chiede alle contemplative non è di lasciare fuori il device in sé (anzi, si invita ad adoperarne i servizi per informarsi e creare quell’opinione che deve essere alla base della preghiera), ma di lasciarne fuori tutto quel che non è utile.
Non si fa riferimento a servizi, app, siti Web o altro: si fa semplicemente e generale riferimento a ciò che l’accesso al digitale può rappresentare. Un punto di vista maturo, insomma, circa quello che può essere il rapporto tra chi ha scelto vita contemplativa (con tutto quel che può significare per la persona e per la fede) e chi sviluppa servizi e soluzioni spesso fatti appositamente per costruire percorsi di navigazione, click di distrazione e altro ancora. Quel che fa il digitale, spesso è un tentativo di appropriarsi dell’identità e degli interessi per portare altrove ognuno di noi: ciò non può e non deve accadere per chi ha deciso di basare la propria vita su isolamento e preghiera, meditazione e ricerca di Dio.
Una critica anti-tecnologica che tutto è fuorché anti-tecnologica: semmai si tratta di un invito affinché la persona mantenga la priorità del controllo della propria vita, evitando di lasciarsi trasportare dalle nuove tecnologie per avere pienamente in mano il proprio percorso, i propri principi, la propria autodeterminazione. Del resto Papa Francesco è il più “social” di sempre, tanto nel messaggio quanto nel modo di comunicare: il Web non deve essere un timore, ma occorre tuttavia adottarne i servizi con pieno controllo. Alle contemplative si chiede uno sforzo supplementare che può effettivamente distinguerne il modo di vivere rispetto al “di fuori”: la tecnologia sia al servizio, e non al comando, della propria formazione e del proprio modo di vivere la fede.
Medesimo principio, del resto, è applicato anche ad altri ambiti quale quello del lavoro:
Affinché il lavoro non estingua lo spirito di contemplazione, come ci insegnano i grandi santi contemplativi, e affinché la vostra sia una vita «povera di fatto e di spirito da consumarsi in operosa sobrietà» come impone a voi la professione, con voto solenne, del consiglio evangelico di povertà, il lavoro sia compiuto con devozione e fedeltà, senza lasciarsi condizionare dalla mentalità efficientistica e dall’attivismo della cultura contemporanea.
Al pensiero imperante, Papa Francesco contrappone proprio la forza dell’isolamento: nessun condizionamento rispetto a quel che avviene fuori, ma soltanto presa di consapevolezza per proseguire la propria vita e il proprio lavoro al ritmo migliore per sé e per i propri obiettivi di sostentamento e di aiuto ai poveri. Abbandonarsi ai ritmi dell’attivismo potrebbe infatti pregiudicare alla radice la contemplazione, portando ad una deviazione rispetto ai binari del proprio ordine.
In questo vi è di esempio il silenzio di Maria Santissima, che ha potuto accogliere la Parola perché era donna di silenzio: non un silenzio sterile, vuoto; al contrario, un silenzio pieno, ricco.
Identico appello è rivolto anche ai singoli ordini, ai quali è chiesto di evitare accoglimenti unicamente finalizzati alla sopravvivenza del monastero: venga data massima centralità al significato e al messaggio, affinché la fede venga prima di tutto il resto: la vita contemplativa non sia un peso da sostenere, ma un motore di cui la Chiesa ha ancor bisogno.
A chi sceglie la clausura si suggerisce di mettere da parte la distrazione, vista come deviazione pericolosa. Per riuscirci, le contemplative debbono essere in grado di allontanare tutto quel che è fonte di distrazione, pur conservando un approccio attivo e vivo nei confronti del mondo circostante. Un equilibrio complesso da trovare, insomma, che molte tensioni sta già portando nella quotidianità di ognuno. Sono sempre di più coloro i quali vedono in smartphone, display e notifiche una sorta di prigione dell’anima e del tempo: per chi ha votato la vita ad una libertà interiore al costo di un sacrificio esteriore, questo appello alla cautela assume maggior valore e maggior importanza.E lungi da ogni superficiale semplificazione, per giudicarne la matrice occorre leggere e approfondire l’intero testo divulgato dalla Santa Sede (qui).