Licenziato per aver scritto commenti sprezzanti sul suo capo nell’Apple Store in cui lavorava. E il giudice gli dà torto. Il diretto interessato si chiama Crisp ed ha perso una significativa causa con l’azienda della mela morsicata. Dopo essere stato licenziato per alcune frasi pubblicate su Facebook, era sicuro di essere reintegrato al suo posto perché le frasi erano private, sottratte da un collega spione e riportate al datore di lavoro. Invece quel lavoro non lo riavrà.
Le motivazioni, che in queste ore stanno occupando le pagine di molti siti e forum, sono le seguenti: la comunicazione non è stata protetta, tant’è che appunto un amico ha potuto facilmente copiare e condividere. Perciò il comportamento rientra perfettamente nella casistica presa in considerazione dalla politica aziendale della Apple e dai contratti firmati dai dipendenti. Come spiega Jamie Hamnett, partner dello studio legale Addleshaw Goddard LLP che si è occupato del caso:
Crisp ha mantenuto il suo diritto alla libertà di espressione ai sensi dell’articolo 10, ma Apple ha sostenuto con successo che è stato giustificato e proporzionato limitare questo diritto in modo da proteggere la propria reputazione commerciale contro i messaggi potenzialmente dannosi.
La questione sta tutta qui. Da un lato, l’attenzione della Apple nell’evidenziare il fatto che non si sogna nemmeno di vietare Internet ai propri dipendenti; dall’altro, lo specificare che quando nel contratto c’è scritto che non si possono fare «commenti sui prodotti Apple, o osservazioni critiche circa il marchio» non si parla solo dei prodotti, ma anche dell’ambiente di lavoro. Insomma, si potrebbe riassumere con un «non menzionare se vuoi lavorare», che viene prima dei contenuti e vale, a questo punto, per tutti i 36.000 dipendenti della vendita al dettaglio.
Com’è noto, all’azienda di Cupetino piace mantenere uno stretto controllo sulla propria immagine, estendendo questa sovranità a qualsiasi social network, compreso Facebook. Il fatto che Apple abbia le sue pagine di Facebook, canali Twitter e in pratica diffonda notizie su nuovi contenuti iTunes, aggiornamento dei prodotti, documenti di supporto, anche attraverso questi strumenti non va confuso con lo stile “calvinista” del fondatore Steve Jobs.
Quindi, se si pensa che ogni dipendente Apple abbia piena libertà di esprimere opinioni sull’azienda, anche positive, non è così: un tweet, un post sul proprio blog, uno status su Facebook e si rischia potenzialmente il licenziamento. Del resto è previsto direttamente sul contratto.