Alla fine la mozione è passata: l’Europarlamento si è ufficialmente espresso in favore dell’unbundling di Google, ossia la separazione funzionale del motore di ricerca dalle altre aree commerciali dell’azienda. L’idea alla base di tutto è quella per cui soltanto dividendo le varie anime di Google sia possibile impedire indebite sinergie che riflettono il monopolio nella ricerca verso altri mercati paralleli, sfruttando così indebitamente le maglie larghe della normativa antitrust.
Il voto, va detto a scanso di equivoci, non avrà alcuna conseguenza diretta sul gruppo guidato da Larry Page poiché l’Europarlamento non ha in tal senso alcun potere d’azione. Non solo: le basi stesse della risoluzione sono rese ancor più fragili dai retroscena emersi nelle ultime ore, che hanno ricollegato il tentativo di Andreas Schwab (membro tedesco dell’Europarlamento) alla sua funzione di consigliere presso la CMS Hasche Sigle, nome già impegnato in battaglie su fronti opposti a quello di Mountain View.
Tuttavia il voto, passato in archivio con 384 voti favorevoli contro 174 contrari, ha un peso nell’indicare un certo tipo di direzione: è come se la Commissione Europea fosse stata investita della responsabilità di un giro di vite nei confronti di Google, per ridurne l’egemonia nel mondo della ricerca e per ricavare così nuove opportunità da un mercato ancor pieno di potenzialità:
Nel documento […] si evidenzia che il mercato unico digitale potrebbe generare ulteriori 260 miliardi di euro all’anno per l’economia dell’UE e dare un impulso alla sua competitività. Tuttavia avverte che, per sbloccare questo potenziale, devono essere affrontate sfide importanti, come la frammentazione del mercato, l’assenza di interoperabilità e le disparità regionali e demografiche per l’accesso alla tecnologia.
In particolare la risoluzione approvata evidenzia che «il mercato di ricerca online è particolarmente importante per garantire condizioni concorrenziali all’interno del mercato unico digitale» e che pertanto la Commissione deve «impedire qualsiasi abuso nella commercializzazione di servizi interconnessi da parte dei gestori dei motori di ricerca».
Immediato dall’Italia il plauso firmato De Benedetti e affidato ai microfoni ANSA:
Ritengo che le misure indicate al presidente Juncker e alla sua squadra possano servire a ristabilire condizioni competitive all’interno del mercato digitale europeo, messe a rischio dalla trasformazione dei motori di ricerca nelle porte d’ingresso principali della rete, con la conseguente straordinaria raccolta di dati personali degli utenti che vengono poi usati per creare vantaggi economici altrimenti non possibili.
La medesima risoluzione chiede l’annullamento definitivo delle tariffe di roaming (a tal proposito l’Italia si è però espressa in direzione contraria), maggior chiarezza in seno alla Net Neutrality e infine una maggiore intraprendenza nel «promuovere standard internazionali e specifiche per il cloud computing» (che l’Europarlamento vorrebbe «affidabile, accessibile, altamente interoperabile, sicuro e a basso consumo energetico».