È un social network simile a Facebook in tutto e per tutto, tranne per la caratteristiche dei suoi utenti: giovani disoccupati.Parobook.com arriva dalla Spagna (in castigliano il termine “paro” significa disoccupato) dove la disoccupazione giovanile, dopo la crisi mondiale, è arrivata al 23 per cento (in Italia è al 29) ed è un problema molto sentito.
Il funzionamento del sito è ispirato alla creatura di Palo Alto: ci si iscrive, si crea un proprio profilo, ci si relaziona con degli amici e si fanno conoscenze nuove. Sulla bacheca si possono inserire i propri pensieri, è prevista una chat.
A parte il colore rosso, e (sembra) la totale assenza di profitto, è davvero molto simile a Facebook. Ma considerando la natura di denuncia del problema della disoccupazione e la sua missione di rendere “amici” tutti coloro che sono nella stessa situazione, è improbabile che Mark Zuckerberg possa risentirne.
Gli ideatori, Xarlos Ayuso, Iñigo Gonzalez, José Gonzaled e Antuan Samiento Ramirez, anche loro disoccupati, hanno comunicato che nella prima settimana il sito ha raccolto 14mila “desempleados”.
La cosa bella è che sul social sono comparse le prime inserzioni di aziende che offrono impiego. Parobook non è in competizione con LinkedIn, tengono a precisare i creatori del sito, ma certamente aiuta a compilare curriculum, e a sentirsi meno soli.
Il sito è soggetto a interruzioni di servizio piuttosto frequenti, è una di quelle buone idee del Web 2.0 che spesso non possono contare su solide basi tecnologiche, ma vale comunque la pena segnalarlo.
Perché non provare a immaginare qualcosa di simile anche in Italia?