Una prima denuncia era stata respinta dalla Corte in quanto troppo vaga per poter essere approfondita, ma Paul Allen sembra comunque voler fare le cose sul serio: il documento di accusa è stato approfondito e nuovamente depositato, rinnovando così i propri intenti e ribadendo la denuncia per cui una serie di grandi gruppi avrebbe violato brevetti in capo all’ex-compagno di avventure di Bill Gates. Al centro della vicenda gruppi del calibro di Google, Apple, Facebook, Yahoo, eBay, AOL, Netflix, YouTube ed altri ancora.
La prima denuncia era passata invano: il documento era stato respinto e la Corte aveva chiesto una integrazione delle informazioni per poter meglio definire le accuse e poter quindi procedere con le dovute verifiche. Allen ha sfruttato tutto il tempo a propria disposizione e nell’ultimo giorno utile ha consegnato il nuovo documento presso la Corte di Seattle con tanto di screenshot allegati per dettagliare il teorema accusatorio. I brevetti in questione fanno capo alla Interval Research, gruppo capitanato dallo stesso Allen, aperto nel 1992 e chiuso nel 2000.
In generale la violazione riguarda l’uso di unità correlate a quelle sullo schermo e nei suggerimenti relativi all’utente. I brevetti in causa, insomma, coprono tanto i suggerimenti musicali iTunes quanto le amicizie suggerite da Facebook, così come i prodotti suggeriti da eBay, i video suggeriti da YouTube, i link correlati proposti da Google, eccetera. Trattasi di un meccanismo oggi del tutto comune, ma negli anni ’90 così non era: l’invenzione della Interval Research Corporation è stata così a suo tempo registrata ed oggi Paul Allen va a reclamarne la proprietà presso le autorità giudiziarie per veder rispettati(o almeno monetizzati) i propri brevetti.
La denuncia sembra peraltro ora particolarmente circostanziata. Ai punti 16/17, ad esempio, si esplicitano i riferimenti che Paul Allen e Sergey Brin hanno fatto nelle loro ricerche alla Interval Research: una sorta di pistola fumante, insomma, portata a dimostrazione del fatto che il sistema Google si erge in parte anche sulle invenzioni della parte denunciante basando quindi la tecnologia del motore di ricerca sui brevetti di Allen.
Quattro i brevetti al centro della questione:
- 6,263,507 – “Browser for Use in Navigating a Body of Information, With Particular Application to Browsing Information Represented By Audiovisual Data”
- 6,034,652 – “Attention Manager for Occupying the Peripheral Attention of a Person in the Vicinity of a Display Device”
- 6,788,314 – “Attention Manager for Occupying the Peripheral Attention of a Person in the Vicinity of a Display Device” (correlata alla precedente)
- 6,757,682 – “Alerting Users to Items of Current Interest”
Difficilmente Allen tenterà di bloccare l’idea delle correlazioni poiché sarebbe una battaglia persa in principio. Più facilmente, invece, la denuncia tenterà di giungere ad una monetizzazione del danno, consegnando così a Paul Allen un salvadanaio potenziale da centinaia di milioni di dollari.