Nonostante la crisi, che ha causato un calo dei consumi delle famiglie italiane in molti comparti, c’è un settore, quello della pay TV, che sembra non risentire della situazione economica, facendo segnare ritmi di crescita abbastanza contenuti tanto da veder aumentare il suo peso all’interno dell’intero mercato televisivo.
A fornire i dati più recenti del settore è uno studio della Fondazione Rosselli, il quale specifica come le televisioni a pagamento detengono il 33% del mercato TV italiano, con un netto incremento rispetto al 2003, anno in cui la pay TV aveva appena il 10% dell’intero settore televisivo, con degli spazi che in questi anni sono stati chiaramente sottratti alla TV gratuita, soprattutto a quella generalista.
I grandi canali nazionali hanno infatti visto ridurre significativamente la loro quota di mercato, con un calo degli ascolti costante e fisiologico alla luce della frammentazione televisiva, ma che rischia ugualmente di tramutarsi in un crollo delle inserzioni pubblicitarie. Non è un caso se Rai e Mediaset sono passate dall’89% del pubblico detenuto nel 2003 al 76% del 2011, con ben 22 punti percentuali di share nel giorno medio suddivisi tra i dieci della TV di stato e i dodici del gruppo di Cologno Monzese.
I tempi cambiano e cambiano i gusti della gente, sempre più orientata verso offerte a pagamento che vedono emergere in particolare Sky Italia, che si conferma vera e propria regina del comparto pay tenendo a debita distanza Mediaset Premium, la quale pare aver registrato in questi anni qualche difficoltà di troppo alla ricerca di un break-even (punto di pareggio rispetto agli investimenti fatti) a lungo inseguito e puntualmente rinviato.
Per quanto riguarda gli ascolti, la piattaforma di SKY arriva a detenere l’8,51% del pubblico, arrivando a una punta dell’11,6% di ascolti nella fascia commercialmente più interessante, cioè quella composta da individui tra i 15 e i 54 anni. La pay TV di News Corporation ha festeggiato qualche mese fa il raggiungimento dei 5 milioni di abbonati, per un bacino di pubblico potenziale di circa 13,3 milioni di utenti. Un successo ottenuto a fronte di investimenti molto sostanziosi, che hanno visto il gruppo di Rupert Murdoch sborsare quasi 9,2 miliardi di euro nel tentativo, riuscito, di dare una scossa al mercato televisivo italiano.
Discorso diverso invece per Mediaset Premium. La pay TV dei Biscione, dopo i primi anni di crescita, ha fatto segnare un calo nell’ultimo periodo, al punto che a settembre 2011 ha fatto registrare 2,9 milioni di clienti, con un sensibile trend discendente rispetto ai 4,4 milioni dell’esercizio precedente.
In casa Mediaset ha forse pesato la strategia che negli ultimi anni ha puntato a far migrare l’utenza da forme di sottoscrizione tramite prepagata, quindi senza grossi vincoli per l’utente ma al tempo stesso senza molte garanzie per l’operatore, all’abbonamento vero e proprio, cioè la formula Easy Pay che, però, non tutti i vecchi clienti hanno probabilmente apprezzato.
Da Cologno Monzese fanno sapere di ritenere fondamentale il settore pay per diversificare il business del gruppo, ma sul futuro di Mediaset Premium rischia di pesare moltissimo la perdita dei diritti della Champions League, uno degli eventi più seguiti dal pubblico nonché tra i contenuti in grado di incidere sull’andamento delle sottoscrizioni. La massima competizione calcistica per club è stata trasmessa finora anche sui canali a pagamento di Mediaset Premium, ma dall’anno prossimo sarà in esclusiva su Sky, mentre l’azienda controllata da Fininvest si dovrà “accontentare” di trasmettere in chiaro una sola partita a settimana, avendo l’esclusiva del miglior incontro del mercoledì.