Pechino vieta nuovi videogiochi: fallite già 14.000 aziende

Dopo l'ulteriore stretta del governo cinese col divieto di pubblicazione di nuovi videogiochi, da luglio sono migliaia le società fallite.
Pechino vieta nuovi videogiochi: fallite già 14.000 aziende
Dopo l'ulteriore stretta del governo cinese col divieto di pubblicazione di nuovi videogiochi, da luglio sono migliaia le società fallite.

Il governo cinese continua la sua stretta contro il settore dei videogame, accusati tra le altre cose di creare dipendenza dai videogiochi, soprattutto nei minorenni. Dallo scorso luglio 2021 il governo cinese non approva la pubblicazione di nuovi videogiochi all’interno del Paese, mentre da settembre ha introdotto delle nuove misure restrittive sui giochi online per i minorenni. Il motivo? Come riportato nella notifica emessa dalla General Administration of Press and Publication, che opera sotto il diretto controllo del Dipartimento della Propaganda del Partito Comunista cinese, “In Cina c’è un uso eccessivo dei videogame da parte dei minori. Molti di loro sviluppano una vera e propria dipendenza alla quale intendiamo porre rimedio grazie a un’efficace prevenzione”.

Cina e videogiochi, la “guerra” continua

Il blocco della Cina sulle nuove licenze di videogiochi si estende per ora fino a tutto il 2022, ma ha già provocato la chiusura di molte piccole aziende legate ai giochi elettronici e spinto gli editori più grandi del settore, come Tencent Holdings e NetEase, a investire le proprie risorse all’estero. Entrando nel dettaglio si parla di circa 14.000 società attive nel campo dei videogame, quindi non solo quelle direttamente legate allo sviluppo ma anche al merchandising, alla pubblicità e all’editoria, che avrebbero chiuso i battenti dalla scorsa estate, da quando cioè  la National Press and Publication Administration (NPPA), che è responsabile delle licenze dei videogiochi in Cina, non ha pubblicato un elenco di nuovi titoli approvati.

Pechino ha specificato che tali misure siano state dettate dalla necessità di porre un freno alla crescente diffusione nell’intero Paese di un fenomeno che interessa soprattutto i più giovani.

A essere colpite da questa situazione anche quelle aziende che non “vivono” direttamente di videogame, ma che comunque ne finanziano alcuni e ne ricavano dei discreti profitti. ByteDance, ad esempio, ovverosia il gruppo che possiede TikTok, ma anche Baidu e Tanwan Games, hanno cercato di contenere le loro perdite licenziando un imprecisato numero di dipendenti coinvolti nel segmento dei videogiochi. L’incertezza che regna in quello che è (o sarebbe) il mercato dei giochi elettronici più grande e redditizio del mondo, rende di fatto sempre più difficile per le aziende investire e redigere nuovi progetti, nonché investimenti da parte di società straniere.

Ricordiamo in tal senso che Epic Games Inc. aveva deciso di rinunciare per esempio a continuare a commercializzare nel Paese asiatico Fortnite e di ritirarsi dal mercato cinese proprio per una serie di problematiche sorte a causa proprio dell’atteggiamento ostile del governo cinese nei confronti dei videogame. E questo nonostante Epic avesse realizzato una versione del gioco specificatamente per la Cina, con una serie di modifiche al gameplay e alla monetizzazione, insieme a diverse grafiche dei personaggi, così da soddisfare le leggi locali.

 

 

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