«Sono dieci le persone arrestate tra Puglia, Lombardia, Marche e Campania dalla polizia postale di Bari, che ha perquisito anche le residenze degli indagati sequestrando numeroso materiale»: il comunicato è della Polizia di Stato e descrive l’operazione con cui si è giunti al fermo di un gruppo di persone impegnate allo scambio sulla Rete di «immagini pedopornografiche che ritraevano bambini, anche di tre, quattro anni, vittime di rapporti sessuali completi».
La Rete ha permesso agli organi di controllo di portare alla luce catene di scambio di immagini che, in questo caso, provenivano dai paesi dell’Est. «Dalle indagini, iniziate nel 2005, è risultato che le immagini pedopornogafiche venivano scambiate nella comunità informatica di E-mule nella quale non c’è un server centrale che gestisce e controlla le operazioni, ma ogni utente registra una cartella e condivide i file con altri utenti»: il sistema è sempre più in voga poichè permette una distribuzione facilitata ed un tracciamento reso più difficile dalla natura della tecnologia in uso. A nulla però è valsa la scelta di eMule: gli inquirenti sono riusciti a risalire agli IP degli utenti giungendo all’interruzione della catena ed al fermo dei responsabili.
«I provvedimenti restrittivi (sei in carcere, quattro ai domiciliari e un’interdizione all’uso del computer) sono stati eseguiti per il reato di perdopornografia informatica sotto la forma del commercio di file pedopornografici. […] Lo stratagemma usato era quello di camuffare i file con estensioni “.rar”, generalmente usato per i dati compressi, per depistare le proprietà e il contenuto degli stessi». In questo caso sarebbe però improprio considerare la catena come un traffico basato su contenuti in compravendita. Gli inquirenti, infatti, avrebbero certificato l’esistenza di un vero e proprio mercato basato sullo scambio: «Per i file pedopornografici gli arrestati usavano barattare le foto con altre immagini fotografiche».
Secondo quanto specificato dall’ANSA, sei persone sarebbero ora in carcere, quattro agli arresti domiciliari e per uno è stata sentenziata l’immediata interdizione dall’uso del pc.