Pedofilia: l'UE vuole il blocco dei siti, i provider no

L'Unione Europea studia misure per bloccare l'accesso ai siti web che ospitano pornografia infantile, ma gli ISP non sono d'accordo.
Pedofilia: l'UE vuole il blocco dei siti, i provider no
L'Unione Europea studia misure per bloccare l'accesso ai siti web che ospitano pornografia infantile, ma gli ISP non sono d'accordo.

La Commissione Europea ha proposto nuove regole per imporre ai Paesi dell’Unione Europea l’applicazione di sanzioni più severe contro la pornografia infantile. Dato che continua a crescere il numero di siti web dove è possibile trovare immagini di minorenni, gli Stati membri intendono infatti individuare le misure necessarie per bloccare l’accesso alle pagine incriminate. Secondo i principali service provider europei, però, quest’ultima non è la direzione percorribile più adatta.

I principali promotori di una legge contro la pubblicazione di materiale che incentiva lo sfruttamento sessuale minorile sono l’Italia e la Francia, mentre altri Paesi come la Germania e la Romania chiedono che il blocco dei siti web sia opzionale. La European Internet Services Providers Association (EuroISPA), il gruppo che rappresenta oltre 1.800 ISP europei, ritiene però che il blocco sia una misura inefficace e spiega così la propria posizione:

Il blocco non fa nulla per rimuovere i contenuti da Internet. I criminali sanno come aggirare i blocchi e continueranno a pubblicare e condividere le immagini per incrementare i loro affari.

Il presidente di EuroISPA, Malcolm Hutty, rincara la dose affermando:

Per rendere più efficace la direttiva sullo sfruttamento sessuale, l’enfasi deve essere posta su comunicazioni più rapide agli hosting provider e sulla rimozione mirata ed efficace del materiale pedopornografico.

Quindi, secondo i provider, la responsabilità del blocco va spostata altrove, a monte: devono essere perseguiti maggiormente i siti web che ospitano contenuti pornografici illegali, obbligando quindi direttamente il gestore alla loro rimozione.

Il Regno Unito ha provato ad introdurre filtri per le pagine Web nel 2009, ma il tentativo non ha avuto successo: il blocco può essere facilmente raggirato e portare ad una recrudescenza del fenomeno. I fatti sembrano pertanto confermare il punto di vista dei provider, punto di vista con cui dovrà ora confrontarsi anche l’UE prima di muoversi in modo grossolano, inefficace e potenzialmente pericoloso per i destini del settore.

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