Di recente Google ha segnalato alle autorità competenti in materia (più precisamente al National Center for Missing and Exploited Children) la presenza di fotografie pedopornografiche nella casella Gmail di un utente. Questo ha portato all’arresto dell’uomo, residente a Houston, già finito in manette nel 1994 per violenza sessuale su un minore. La notizia, riportata nei giorni scorsi, ha dato vita ad un acceso dibattito in Rete.
Da una parte c’è chi sostiene e appoggia il comportamento del gruppo di Mountain View, che comunicando l’informazione ha contribuito ad assicurare alla giustizia un soggetto potenzialmente pericoloso e impedito la diffusione di materiale la cui detenzione o condivisione è severamente punita dalla legge. Dall’altra chi invece ha sollevato dubbi e perplessità riguardanti la pratica di bigG, ritenendo di fatto un abuso la scansione dei messaggi di posta elettronica per finalità diverse dalla protezione contro minacce informatiche o dalla visualizzazione di inserzioni pubblicitarie personalizzate, come specificato nei termini di servizio di Gmail modificati proprio nei mesi scorsi.
I nostri sistemi automatizzati analizzano i contenuti dell’utente (incluse le email) al fine di offrire funzionalità dei prodotti rilevanti a livello personale, come risultati di ricerca personalizzati, pubblicità su misura e rilevamento di spam e malware. Questa analisi si verifica nel momento in cui i contenuti vengono trasmessi, ricevuti e memorizzati.
In verità il dibattito non ha ragion d’essere, in quanto ad un’analisi più approfondita emerge che la policy stilata da Google per il suo servizio non lascia spazio a dubbi o fraintendimenti. Basta leggere quanto riportato a chiare lettere nel terzo paragrafo tra le Norme del programma Gmail.
Google ha una politica di tolleranza zero contro le immagini pedopornografiche. Se veniamo a conoscenza di tali contenuti, li segnaliamo alle autorità competenti e potremmo prendere provvedimenti disciplinari (inclusa la cessazione) in merito agli account Google delle persone coinvolte.
Come segnala il sito Google Operating System (che nonostante il nome non è in alcun modo affiliato all’azienda californiana) il documento è stato modificato di recente. Con l’aiuto di Wayback Machine è possibile recuperare la versione precedente e dare uno sguardo a cosa è cambiato. Tra le variazioni c’è proprio l’introduzione del paragrafo riportato qui sopra, che parla di tolleranza zero contro le immagini pedopornografiche.