La cosiddetta elettronica indossabile richiede l’uso di componenti che possono essere sollecitati da forze meccaniche, senza compromettere la loro conducibilità elettrica. I fili normali sono rigidi e si rompono, mentre la plastica è flessibile, ma non conduce corrente. I ricercatori della Stanford University hanno invece creato elettrodi in plastica che possono trasportare elettricità, grazie ad un additivo impiegato per addensare le zuppe nella cucina industriale.
L’obiettivo del team guidato dall’ingegner chimico Zhenan Bao era realizzare elettrodi flessibili che possono essere utilizzati in campo medico, principalmente nei sistemi di monitoraggio del cervello. Gli attuali impianti non permettono di effettuare misurazioni precise, in quanto sono rigidi e non possono seguire le variazioni di volume del cervello durante il giorno. Per ottenere il risultato finale, i ricercatori hanno testato prima una plastica conduttiva e biodegradabile, ma si è rivelata troppo fragile (un allungamento di appena il 5% provoca la sua rottura).
Per individuare il materiale più idoneo è stato usato uno speciale tipo di raggi X che esamina la struttura molecolare della plastica, formata da due polimeri strettamente legati tra loro. Dopo aver esaminato oltre 20 additivi molecolari, i ricercatori hanno trovato quello che impedisce la cristallizzazione (e quindi evita la rottura), senza incidere però sulla conducibilità. Si tratta di un additivo, simile a quello usato per addensare le zuppe, che consente alla plastica di rimanere conduttiva anche quando allungata fino all’800% della sua lunghezza originale.
Gli elettrodi sono anche trasparenti e possono essere applicati come una seconda pelle. Ciò apre le porte ad una nuova categoria di dispositivi elettronici indossabili con i quali si possono misurare diversi parametri biometrici. Il materiale è ancora un prototipo di laboratorio, ma i ricercatori credono che in futuro si possano avere elettrodi flessibili per creare interfacce con il corpo umano.