Ritrovarsi con un gene imperfetto. Avere una montagna di danaro, ma doversi chinare ad un infimo errore nel proprio patrimonio genetico. Un’imperfezione ereditata, qualcosa contro cui si è impotenti. Non deve essere facile per Sergey Brin, cofondatore di Google, accettare una situazione simile. Dalla sua, però, ha due armi: il denaro e la moglie Anne Wojcicki. E Sergey Brin sta pensando di usarli a fondo entrambi.
Sebbene la ricerca scientifica ancora non restituisca risultati certi, è conclamato il fatto che il Parkinson sia collegato alla mutazione G2019S del gene LRRK2. Una caduta della dopamina prodotta dalla riduzione dei neuroni dopaminergici sta causando in 1.5 milioni di americani i problemi noti della malattia, con 50.000 nuove diagnosi ogni anno. Tra gli utenti in pericolo v’è anche Sergey Brin, il quale ha ereditato la mutazione G2019S dalla madre (già affetta da Parkinson). Nei mesi passati la notizia aveva assunto pubblica notorietà grazie alla confessione di Brin il quale, con un manifesto intriso di “filosofia Google”, aveva spiegato il proprio problema rendendo forte pubblicità a 23andMe, l’azienda guidata dalla moglie.
23andMe è oggi il canale che Brin intende usare per spingere oltre la ricerca sul Parkinson, tentando così di investire il proprio danaro e la propria posizione privilegiata per combattere il nemico che più di ogni altro si insinua nel suo futuro percorso su questa terra. Grazie alla collaborazione con 23andMe, quindi, Sergey Brin sta tentando di mettere in piedi una community di 10000 persone affette dal Parkinson, chiedendo ad esse di partecipare ad un programma di analisi per tentare di capire qualcosa di più sul problema.
Analisi di rischio 23andMe
«Ho il 50% di possibilità di contrarre il Parkinson nei prossimi 20/25 anni» ha affermato Brin, il quale ha però anche confidato fiducia nel 50% di possibilità per cui la medicina possa fare qualcosa di importante in questo lasso di tempo. Per mettere in piedi una corposa community di persone affette da Parkinson, 23andMe sta offrendo sconti particolari: 25 dollari, invece dei 399 soliti, per poter analizzare il proprio DNA ed ottenere risposte statistiche sul proprio patrimonio genetico. Così facendo il gruppo potrebbe raccogliere dati fondamentali per la ricerca genetica, mettendo quindi a frutto il forte bacino di dati che sta raccogliendo.
La misson aziendale 23andMe è quella di vendere dati aggregati all’industria della ricerca farmaceutica, così che si possa far fruttare l’analisi del DNA offerta agli utenti paganti e si ottengano risultati che andranno a confluire nella produzione farmacologica. Per Sergey Brin la combinazione dei fattori è fondamentale: da parte sua infonderà nel progetto una non meglio precisata somma di danaro; la moglie metterà a frutto la propria esperienza con 23andMe; l’industria farmaceutica avrà a disposizione nuovi dati per la produzione di un nuovo possibile business. Per tutte le famiglie colpite dal problema del Parkinson, Sergey Brin diventa una nuova fonte di speranza. Speranza e business, quando si incontrano, generano spesso buoni risultati.
La lieta novella degli investimenti di Brin (peraltro probabilmente incoraggiati dalla recente normativa con cui Barack Obama ha liberalizzato la ricerca sulle cellule staminali) si scontra con la dura realtà dei fatti. La ricerca è ancora lontana non solo da una cura, ma anche solo da una diagnosi precoce del male. Quest’ultimo aspetto è il primo grosso problema, perché mina alla base la bontà del panel analizzato da 23andMe (non tutti i presunti malati di Parkinson potrebbero esserlo, in quanto il tutto si evince ad oggi solo da una ricorrenza indicativa di sintomi specifici). Inoltre altri gruppi concorrenti quali DeCode Genetics avrebbero già portato avanti ricerche simili, con decine di migliaia di test, senza tuttavia giungere ad alcun risultato concreto.
La novità dell’approccio Google sta nel coinvolgimento diretto dei “pazienti” in una community, portando avanti sondaggi ed analisi in un modo alternativo rispetto all’approccio individualistico della ricerca tradizionale (anche questo in pieno “stile Google”). Prossimamente, confida Brin, donerà alla ricerca il proprio DNA anche il figlio della coppia Brin/Woicicki, il tutto secondo modalità di prelievo differenti previste per l’impossibilità logica di un neonato di offrire la propria saliva all’interno di un tubetto. La buona notizia per Brin giunge invece da una analisi italiana presentata da Parkinson.it: «Noi abbiamo effettuato uno studio sulla penetranza della mutazione presso il nostro centro, il Centro Parkinson ICP a Milano, che ospita una delle Banche del DNA più grandi del mondo correlate ai disturbi del movimento: attualmente contiene 4,000 campioni di DNA, tra cui 2,400 di pazienti affetti da malattia di Parkinson. Secondo il nostro studio, che comprendeva sia casi ereditari che non, la penetranza dipendeva dall’età ed ha raggiunto un massimo del 32% a 80 anni di età». Per Brin, quindi, il rischio sarebbe minore rispetto a quello paventato in occasione del suo primo “outing”.
23andMe – Parkinson community
23andMe ad oggi predispone sul proprio sito un primo test per porre le prime domande alle persone che hanno già sottoposto a screening il proprio DNA. «Un dottore ti ha mai diagnosticato il Parkinson?», «Hai tremori in qualche parte del corpo?», «Hai notato cambiamenti nel tuo modo di scrivere?», «Hai notato cambiamenti nel tuo modo di camminare?». Il quiz continua esplorando possibili esposizioni a pesticidi, incidenti stradali o medicinali per la depressione. La community, ad oggi ancora scarna di partecipanti, dovrebbe moltiplicarsi nelle prossime settimane per entrare a regime entro un mese circa. Chiunque possa essere interessato troverà ogni dettaglio su 23andMe seguendo l’approfondimento ed i post già proposti in passato da Webnews a seguito della prova diretta sperimentata sul servizio.