Ogni qualvolta si vorrà installare in casa un semplice router occorrerà chiamare un tecnico specializzato, ovviamente da retribuire allo scopo, il quale dovrà controfirmare la propria installazione con la certificazione di aver agito secondo le regole dell’arte. Addio al fai-da-te ed al semplice piacere di configurare la propria rete a proprio piacimento: questo, almeno, è quanto traspare dalle parole contenute in un decreto legislativo approvato il 22 ottobre scorso dal Consiglio dei Ministri in «Attuazione della direttiva 2008/63/CE relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni». Rimane tuttavia un ampio margine di azione per evitare la caduta nell’ennesimo orpello normativo anti-Internet: di qui l’utilità dell’allarme scattato attorno ad una norma che necessiterà ora del necessario monitoraggio affinché tutto vada nel verso giusto.
La segnalazione è di Stefano Quintarelli ed il testo ufficiale del decreto è disponibile online. Si tratta con ogni evidenza di un nuovo paradossale balzello teoricamente tanto sgangherato da risultare addirittura inapplicabile oltre che iniquo, privo di logica, privo di utilità e del tutto dannoso se applicato secondo quanto delineato nel testo approvato. Ma dal testo sembra trasparire anche una speranza per cui l’allarme attuale possa essere ingiustificato.
Il nocciolo della questione risiede nel comma 1 articolo 2: «Gli utenti delle reti di comunicazione elettronica sono tenuti ad affidare i lavori di installazione, di allacciamento, di collaudo e di manutenzione delle apparecchiature terminali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1), che realizzano l’allacciamento dei terminali di telecomunicazione all’interfaccia della rete pubblica, ad imprese abilitate secondo le modalità e ai sensi del comma 2». Nella fattispecie si comprendono nell’articolo «le apparecchiature allacciate direttamente o indirettamente all’interfaccia di una rete pubblica di telecomunicazioni per trasmettere, trattare o ricevere informazioni; in entrambi i casi di allacciamento, diretto o indiretto, esso può essere realizzato via cavo, fibra ottica o via elettromagnetica; un allacciamento è indiretto se l’apparecchiatura è interposta fra il terminale e l’interfaccia della rete pubblica».
Il comma 2 specifica tutta una serie di dettagli che il Ministro dello Sviluppo Economico dovrà deliberare entro un anno dall’entrata in vigore del decreto: trattasi di un onere che oggi ricade sulle spalle di Paolo Romani, ma che tra un anno ricadrà probabilmente sul ministro subentrante dopo la probabile caduta dell’attuale Governo ed il ritorno alle urne.
Il comma 3 indica le sanzioni a cui si andrà incontro in caso di mancato allineamento alle regole imposte: «Chiunque […] effettua lavori di installazione, di allacciamento, di collaudo e di manutenzione delle apparecchiature terminali […], realizzando l’allacciamento dei terminali di telecomunicazione all’interfaccia della rete pubblica, in assenza del titolo abilitativo di cui al presente articolo, è assoggettato alla sanzione amministrativa pecuniaria da 15.000 euro a 150.000 euro, da stabilirsi in equo rapporto alla gravità del fatto».
La speranza è però appesa ad un piccolo passaggio del comma 2 che mette in gioco una serie di eccezioni ancora tutte da definire. Le parole sono ad una ad una importanti:
f) i casi in cui, in ragione della semplicità costruttiva e funzionale delle apparecchiature terminali e dei relativi impianti di connessione, gli utenti possono provvedere autonomamente alle attività di cui al comma 1
Un semplice router o un semplice switch possono essere annoverati in questa casistica «in ragione della semplicità costruttiva e funzionale» che li contraddistingue? Se sì, il problema non sussiste. Ma a questo punto occorre attendere il decreto che il Ministro dello Sviluppo Economico andrà ad esplicitare nei mesi a venire. Nel frattempo «è tutto vietato, tranne ciò che sarà permesso».