In un articolo pubblicato qualche settimana fa, si riportavano i dubbi delle major della discografia, decisamente restie a salire sul carro del cloud streaming di Amazon e Google. Le stesse case discografiche che, quasi a scatola chiusa, non ci hanno pensato troppo a stringere invece proficui accordi con Apple per il nuovo servizio iCloud. Sarà forse iTunes Match ad aver spostato l’ago della bilancia a favore di Cupertino?
Lo ha sottolineato Steve Jobs in persona dal palco del Moscone Center: mentre iTunes Match richiede pochissimi minuti per essere attivo, Amazon e Google ci impiegherebbero addirittura settimane per raggiungere lo stesso scopo. La motivazione è molto semplice: mentre il software di Cupertino semplicemente confronta la libreria dell’utente con i server iTunes senza necessità di caricamento dei brani, Amazon e Google non possono fare la stessa cosa, costringendo l’utente a lunghi upload. Considerando come l’archivio musicale di un utente medio sia di svariati GB, sono anche così spiegati i tempi biblici.
Di per sé, però, questa motivazione non è da sola sufficiente per motivare i dubbi delle case discografiche. Volendo azzardare un’ipotesi, la discriminante potrebbe essere anche un fattore di legalità. L’upload da parte dell’utente su Amazon e Google non assicura la piena legalità dei file utilizzati, perché di fatto non è dato sapere da che fonti arrivino i brani scelti dall’utente. Lo stesso vale anche per iTunes Match, perché non è affatto detto che le librerie dei melauser siano candide e tutte allineate al rispetto del copyright, ma vi è una piccola differenza.
All’ascolto dei brani tramite il sistema cloud, gli utenti Google e Amazon utilizzerebbero una copia dei loro file, legali o illegali che siano, con poche possibilità di controllo da parte dei detentori dei diritti, perché i contenuti della nuvola sono comunque resi privati e disponibili solo al possessore dell’account. Gli utenti iTunes Match, invece, si ritroverebbero ad utilizzare non i file salvati sul loro computer, bensì dei corrispettivi legali su cui è stata concessa la licenza a Cupertino e su cui le major, perciò, possono avanzare diritti di sfruttamento economico e un discreto controllo. Si tratta di una differenza davvero sottile che potrebbe aver determinato una maggiore tranquillità nei big della musica.
Almeno da questo punto di vista, perciò, la partita per Amazon e Google sembra essere chiusa in partenza. Cupertino è stata abbastanza scaltra da lasciar avanzare sul mercato i competitor, per poi proporre in un secondo tempo un servizio più efficiente ed economico. Ci si deve attendere, perciò, un cambiamento repentino da parte delle due concorrenti?