La notizia è davvero recente: nel Regno Unito, la vendita di vinili ha superato il valore raggiunto dai download digitali, così come certificato dall’Entertainment Retailers Association. Molte le possibili ragioni, dalla predominanza dello streaming sull’acquisto di brani digitali fino alla concomitanza con il periodo natalizio, eppure quello rilevato è un trend che prosegue inarrestabile da diversi anni. Perché torna il vinile e, soprattutto, a quali esigenze dell’ascoltatore risponde?
Agli inizi degli anni ’90 è stato dato per morto, battuto dalla comodità del CD, un formato di dimensioni ben più comode nonché capace di garantire una qualità audio senza fruscii e salti. Eppure, nonostante la battuta d’arresto in quel decennio, a partire dagli anni 2000 il vinile è tornato a crescere senza sosta. Prima balzando nelle mani di appassionati e collezionisti, i quali non hanno mai voluto abbandonare il fascino eterno della puntina sui solchi, poi diventando un vero e proprio fenomeno di massa. D’altronde, quando si parla di 2.4 milioni di sterline in vendite raggiunte in una sola settimana, contro i 2.1 dei download, è evidente come i 33 e i 45 giri non occupino più una posizione di nicchia. Limitare il ritorno del vinile all’effetto nostalgia, oppure a una semplice moda del momento, potrebbe però essere riduttivo: il caro e vecchio disco, infatti, potrebbe assolvere a bisogni materiali e immateriali a cui la fredda musica digitale non sembra provvedere. Quali sono?
I contraccolpi della musica immateriale
Con la rivoluzione dei formati digitali, l’ascoltatore è stato coinvolto da una vera e propria rivoluzione della fruizione. La comodità dei file musicali, uniti alla facilità di distribuzione in Rete, ha reso davvero semplice soddisfare tutti i propri desideri d’ascolto, semplicemente dotandosi di un computer, di un player musicale portatile oppure di uno smartphone. L’accesso ai cataloghi è diventato pressoché infinito e, fatto non da poco, del tutto domestico: sono sparite le code davanti ai negozi per ottenere la preziosa copia del nuovo singolo del proprio artista preferito, poiché è sufficiente rimanere in poltrona e impegnarsi in pochi click su uno store online. Alla comodità, tuttavia, si è aggiunta l’immaterialità: tanta musica, nessuna soddisfazione fisica.
Si tratti del vinile, dell’ormai estinta musicassetta o del classico CD, gli ascoltatori non hanno mai approfittato solamente dei brani incisi, ma anche di un rapporto tattile e visivo con la musica. La sensazione di estrarre un disco dalla sua copertina per riporlo delicatamente sul piatto, l’attenzione verso le impostazioni migliori del proprio giradischi o, ancora, solo la gioia di sfogliare il libretto di un CD mentre si procede nell’ascolto. E chi non si è mai soffermato, incantato dal vedere un disco in rotazione sul piatto, un CD girare vorticosamente nel lettore ottico o, ancora, gli ipnotici ingranaggi di una musicassetta? Tutti questi fattori, come facile intuire, hanno rappresentato un surplus di valore nell’acquisto di un formato fisico, analogico o digitale che sia, rafforzando l’idea del possesso della musica. Un disco da custodire gelosamente, mostrare agli amici, da collezionare: all’esborso monetario, in altre parole, è sempre corrisposto un appagamento di tipo fisico, prima ancora che uditivo. Questo ovviamente non avviene con i formati da download, i quali rimangono asettici e impenetrabili sugli archivi di memoria, possono essere copiati all’infinito e, soprattutto, rimangono del tutto interscambiabili. Mentre un tempo l’ascoltatore imparava ad amare tutti i graffi sul proprio vinile, tanto da ricordarne a memoria durata e posizione, oggi un file MP3 non più riproducibile può essere in pochi secondi sostituito con una copia identica.
A ogni era, la sua necessità
Quando si parla dell’evoluzione della musica, si è soliti concentrarsi unicamente sugli aspetti della qualità e della comodità: i formati digitali, rispetto agli analogici, sarebbero sulla carta migliori nel riprodurre tutte le sfumature del suono, nonché molto più agevoli da ascoltare. Ma è solo il desiderio della qualità quello che guida l’utente all’acquisto?
L’evoluzione della musica è avvenuta anche, e soprattutto, in termini di necessità. Il vinile nasce negli anni ’40 come soluzione versatile e di facile produzione, per garantire a tutti l’accesso alla musica, con un buon compromesso tra costi e qualità. Ha assolto quindi alla prima necessità della diffusione e dell’universalità: chiunque, con somme di denaro relativamente ridotte, ha potuto accedere al piacere della musica nel proprio salotto. Con il culmine del vinile negli anni ’70, tuttavia, è emerso un secondo bisogno: quello della comodità. Un fatto che ha spiegato perché nei successivi anni ’80 le musicassette siano divenute estremamente popolari, nonostante garantissero qualità di riproduzione minori rispetto al vinile: occupavano poco spazio, garantivano facilità di trasporto e, fatto non da poco, permettevano all’utente un ascolto ubiquitario grazie ai walkman. L’affermarsi del CD negli anni ’90 ha quindi accorpato i due bisogni precedenti, l’accessibilità e la comodità, aggiungendo l’impeccabilità di riproduzione, mentre l’avvento del download digitale ne ha moltiplicato all’infinito la fruizione, nonché l’approvvigionamento. Anziché riempire interi scaffali di CD, infatti, è risultato incredibilmente comodo approfittare di un piccolo hard-disk per ospitare collezioni ciclopiche, da far impallidire interi negozi di dischi. E con l’arrivo dell’attuale streaming, si è soddisfatto anche l’ultimo bisogno, quello dell’accesso perenne e infinito: in qualsiasi luogo ci si trovi, e in qualsiasi momento della giornata, si potrà raggiungere pressoché qualsiasi brano sia mai stato inciso nella storia dell’uomo.
In questo percorso evolutivo, però, due bisogni sembrano essersi persi lungo il tragitto: la necessità del possesso, di cui si è parlato sopra, e l’emozione di quell’ascolto che necessita di dedizione. Ed è forse per questo che il vinile è tornato in voga, poiché assolve benissimo a queste richieste: rimanda all’utente l’idea di essere proprietario di uno strumento e richiede allo stesso una certa preparazione all’ascolto, si tratti anche solo di regolare il peso del braccio del giradischi. Il tutto affiancandosi alle altre modalità: non bisogna infatti considerare 33 e 45 giri come sostituti dei formati digitali, bensì come loro accompagnamento quotidiano.