Personal Genome Project è uno studio dell’Harvard University Medical School che intende rendere più veloci i tempi della ricerca medica, rendendo i dati genetici pubblici e facilmente accessibili e favorendo in questo modo il progresso della ricerca stessa. L’iniziativa coinvolge attualmente un gruppo di dieci volontari, fra i quali possiamo ricordare la venture capitalist Esther Dyson, lo psicologo Steven Pinker e Misha Angrist, assistente alla Duke University. L’obiettivo dello studio è quello di estendersi fino a comprendere 100.000 partecipanti.
Il Dna dei partecipanti viene decodificato e i dati vengono messi on line sul sito Personalgenomes.org, insieme a una vasta serie di elementi che riguardano la storia medica, le eventuali patologie, le origini etniche e le preferenze dei volontari. In questo modo i ricercatori saranno facilitati nel rintracciare le relazioni tra geni e tratti.
Alcuni scienziati e bioeticisti hanno rivolto nei confronti di questo progetto aspre critiche, mettendo in evidenza i rischi connessi al mancato rispetto della privacy genetica, soprattutto perché, come ha affermato Kathy Hudson, direttrice del Centro di genetica della Jhons Hopkins University, non è possibile prevedere l’uso nuovo che verrà fatto di queste informazioni personali.
George M. Church, il genetista di Harvard a capo del progetto, risponde a queste obiezioni sottolineando l’importanza di scoprire quali sono le conseguenze che possono derivare dal rendere pubblico il genoma di un individuo attraverso il Web. I rischi possono essere pratici, ma anche di carattere psicologico, per gli effetti emotivi derivanti dalla facile accessibilità da parte di chiunque al patrimonio genetico personale, che potrebbe essere sottoposto a qualsiasi interpretazione.
I pericoli sono connessi anche alla molteplicità di errori che potrebbero essere contenuti nei genomi di individui giovani, perché ancora non possediamo le conoscenze adeguate per interpretarli, senza contare i cambiamenti che derivano dall’ambiente, dalla cultura e dall’educazione. Ci si chiede quindi se è giusto non tenere conto delle conseguenze anche sociali di questo progetto in nome del progresso della scienza.
Il legame tra genetica e Web non emerge solo dal Personal Genome Project, ma basti ricordare anche il sito 23andMe.com, dove una società offre uno schema riassuntivo di alcuni tratti genetici in cambio di 400 dollari e dove alcuni utenti discutono dei risultati ottenuti usando degli pseudonimi o inseriscono dei link per essere contattati. Un altro caso è invece quello di Sergey Brin, il co-fondatore di Google, che ha rivelato sul suo blog di essere, in base alle sue caratteristiche genetiche, più a rischio rispetto alla media di ammalarsi di morbo di Parkinson.