Sotto le pressioni avanzate dall’industria dello spettacolo (RIAA e MPAA in testa, rappresentanti l’una le major musicali e l’altra i grandi nomi di Hollywood), il Senato USA intende compiere un nuovo passo avanti verso una più radicale criminalizzazione del fenomeno peer-to-peer.
Per meglio interpretare quanto proposto e quanto in discussione, è utile proporre innanzitutto un aspetto che meglio identifica la posta in ballo. Protagonisti della vicenda, infatti, i senatori Patrick Leahy, Orrin Hatch e Lamar Smith. I tre, secondo i dati riportati da opensecrets.org, hanno avuto in questo 2004 finanziamenti dall’industria dell’intrattenimento pari rispettivamente a 178.000, 152.000 e 25.000 dollari (in ognuno dei casi ben oltre il 10% del totale dei fondi raccolti nell’arco dei primi mesi dell’anno).
Il caso sorge su una proposta di legge datata 25 Marzo, firmata Patrick Leahy & Orrin Hatch e denominata «Protecting Intellectual Rights Against Theft and Expropriation Act of 2004» (già denominato di conseguenza “Pirate Act“). La proposta contiene richiami ad un aumento di severità per chi si macchia di attività peer-to-peer, semplificando e moltiplicando altresì le facoltà in mano all’accusa.
Nell’addurre argomentazioni alla propria proposta il senatore Hatch ha equiparato le reti peer-to-peer a termini quali pedopornografia e terrorismo, cercando con questa mossa strategica l’appoggio di un consenso più esteso alla propria battaglia. Hatch si è immediatamente meritato il plauso dell’MPAA, il cui massimo rappresentante Jack Valenti ha solertemente salutato con favore l’iniziativa dei senatori che stanno operando in difesa dei «prodotti della creatività americana». Commenti del tutto similari giungono parallelamente dalla RIAA, ove la legge è vista come deterrente unico alla piaga della pirateria musicale.
A rincarare la dose approfondendo la battaglia anti-P2P ecco intervenire il terzo protagonista della vicenda, il senatore Lamar Smith. È sua infatti la proposta di un emendamento al “Pirate Act” atto a quantificare il limite della colpevolezza dei singoli soggetti. Egli infatti propone di definire il reato a partire dal possesso minimo di 2500 file, limite oltre il quale è dunque possibile rimanere vittime della rete della legge. In caso di approvazione dell’emendamento speciali misure sarebbero inoltre previste per chi facesse da tramite nella distribuzione di pre-release come film non ancora in distribuzione.
Sarcastico il commento proveniente dalla Sherman Networks di Kazaa (la quale grazie ad un appiglio in nome della tutela della privacy sta frenando l’attività persecutoria delle major nei confronti degli utenti): «Il Pirate Act effettivamente dà al governo l’autorità di usare il denaro dei contribuenti per intraprendere azioni civili nei confronti di chi usa il file sharing» lasciando altresì intendere che si tratta dunque di un celato soccorso alle major musicali e cinematografiche.